Due novembre duemilasedici, ore 7,30. Mi affaccio alla finestra dell’albergo, la giornata si presenta degna della ricorrenza, tetra e piovigginosa. Del resto anche il programma odierno si allinea alla cupa giornata, una visita ai campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. Un pensiero corre direttamente ai miei genitori, ai miei nonni, e per la ricorrenza dei defunti e per avermi trasmesso, con i loro racconti di guerra vissuta, questo  desiderio di vedere con i miei occhi quei tragici luoghi  testimoni di una barbarie inaudita. Il viaggio in pullman di linea da Cracovia ad Auschwitz dura poco più di un’ora, una leggera pioggia ci accompagna per tutto il tragitto, la temperatura non  fa sconti. Sono  con mio  figlio, anche lui desideroso di toccare con mano quei tristi luoghi. Arriviamo all’ingresso del campo con largo anticipo, c’è tutto il tempo di osservare con ammirazione le numerose scolaresche in attesa del loro turno per iniziare la  visita al campo maledetto, vengono da tutte le parti d’Europa, Italia, Slovacchia, Ungheria, Romania, Regno Unito, dalla Polonia stessa. Una volta completato  il gruppo di lingua italiana  inizia il tragitto che per tre ore ci porterà nei campi di Auschwitz  1 e 2, cioè Birkenau, non prima di aver indossato le cuffiette forniteci e sintonizzate sulla voce della guida italiana. La prima immagine che ci capita davanti agli occhi è il tristemente noto cancello di ingresso con la famosa scritta “ARBEIT MACHT FREI” ( il lavoro rende liberi) con la B capovolta, l’operaio che la realizzò volle così affrontare i tedeschi che non accorgendosi dell’errore collocarono la scritta all’entrata di uno dei campi più terribili dell’olocausto. “Li hanno presi per il culo fin dal loro ingresso”, commento con mio figlio, pensando a quei poveri Cristi che più di settanta anni fa passarono sotto quella scritta con un biglietto di sola andata. Sento una stretta allo stomaco attraversare quella scritta e ritrovarmi al di là del doppio recinto di filo spinato elettrificato che chissà quante persone ha giustiziato nel tentativo di riacquistare la libertà. La voglia di piangere è tanta, mi trattengo. E’ calato un silenzio tombale, tutti sono presi nel guardarsi intorno ed ascoltare le guide tramite le cuffiette, cellulari e macchine fotografiche hanno il loro ben da fare. Si comincia a girare tra i numerosi blocchi,  costruzioni a tre piani che ospitavano le migliaia di deportati, sono moltissimi, ognuno ha una storia da raccontare, alcuni sono adibiti a piccoli musei. Agghiacciante il blocco 4, sezione “Extermination” (sterminio), dove al primo piano, protetti da una vetrata, riposano alcune tonnellate  di capelli di deportati uccisi che i nazisti non fecero in tempo, per l’arrivo dell’armata russa,   a spedire ad una azienda tessile per farne dei tessuti mentre in un’altra stanza sono custoditi una manciata di granuli di Zyclon B, la potente sostanza chimica usata nelle camere a gas per l’opera di sterminio. Nel blocco 5 racchiusi in teche separate effetti personali vari quali valigie di cartone, spazzole, dentifrici, pettini, occhiali, creme, una visione che lascia i visitatori con un’amarezza e tanta tristezza nel cuore. Man mano che si va avanti il cuore mi si stringe sempre più, vedo il “muro della morte”, un muro situato in fondo al cortile tra i blocchi 10 e 11 usato come luogo delle fucilazioni,  mentre in fondo ad un corridoio osservo con amarezza  una delle forche mobili usate per le esecuzioni. Mi viene a pensare: “Ma come può esistere essere umano al mondo oggi che nega tutto questo?”. Ovunque mi giri vedo morte e torture e mi tornano alla mente le parole di una vecchia canzone degli anni 60  (Auschwitz, Equipe 84), “…ancora non è contenta di sangue la belva umana”; sì, belva è la parola esatta. Continuando nella visita al seguito della guida giungiamo in prossimità di un altro macabro luogo che, lo dico senza vergogna, mi ha fatto inumidire gli occhi: l’ingresso della camera a gas. Ho avuto un attimo di indecisione nell’entrare in quella triste stanza, semibuia, spoglia, sembrava di essere realmente insieme a quei poveracci di tanti anni fa e mi aspettavo che da un momento all’altro scendessero dai buchi nel soffitto i granuli di Zyclon B. il tempo di una foto e mi dirigo immediatamente verso la stanza successiva dove sono visibili ben quattro forni crematori, “dalla padella alla brace”, mi son detto, riferendomi alle povere vittime. Osservo i binari per terra ed il carrello per la sistemazione dei cadaveri nei forni, su uno dei quali qualcuno ha deposto un mazzo di fiori; guadagno subito la via d’uscita. La visita ad Auswitz1 termina qui, usciamo attraversando di nuovo il doppio recinto di filo elettrificato e ci dirigiamo verso la navetta che ci porterà ad Auschwitz2, cioè Birkenau.

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I Girasoli

08 September 2025

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Dove finisce l'estate 3/4

08 September 2025

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Il filo di Alice

07 September 2025

Alice si appunta i lunghi capelli con due bacchette da sushi e lascia cadere qualche ciocca bianca intorno al viso. "Dovresti tagliarli. Alla tua età!” Daria è passata a trovarla senza preavviso. Una conoscente nulla di più. "Però non c’è che dire sembri una ragazzina.” Alice sorride, in fondo [...]

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Umanoidi contro (2 di 2)

Esercizio di scrittura creativa - Fantasy

06 September 2025

Ramsete per la ginocchiata inferta a Xian Ba aveva un'articolazione gravemente deteriorata. Dai box avevano corretto l'andatura per tenere in equilibrio il loro campione che però perdeva costantemente terreno a causa di una stabilità precaria. Il peso spostato sull'articolazione indenne costringeva [...]

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Dove finisce l'estate 1/4

06 September 2025

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Esercizio di scrittura creativa - Fantasy

05 September 2025

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Lampadina

05 September 2025

Seduto al tavolo della cucina fisso la lampadina la cui resistenza è bruciata e finalmente capisco perché da un po’ di tempo a questa parte non ho più idee brillanti ma solo confusi pensieri: si è bruciata la lampadina che illuminava il cervello. Diversamente da quella che penzola dal soffitto, [...]

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RAFFREDDARE L'INSALATA

Una poesia in lingua e dialetto piemontese

04 September 2025

RAFFREDDARE L'INSALATA Per raffreddare l'Insalata Non c'è fretta, non c'è ansia, il verde attende il suo riscatto. L'acqua gelida scivola, danza, un abbraccio fresco, un patto. Le foglie croccanti, risvegliate, dalla forza del freddo bacio. Gocce di rugiada, ammucchiata, lasciano un sapore di [...]

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    non capisco ma mi incuriosisco....
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I Ritorni dell’Infanzia e le Ombre del Presente

Ricordando chi sono stato ancora una volta mi confesso

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A volte, anzi spesso, mi assale una nostalgia profonda, una nostalgia che si insinua nelle pieghe della mia esistenza quotidiana. È un richiamo irresistibile, un eco di ricordi lontani che riaffiora con una precisione inquietante. Il pensiero torna a quei pomeriggi assolati, in cui i prati si [...]

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  • Rubrus: Sicuramente ognuno di noi ha, in misura più o meno grande, nostalgia [...]

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Fantasmi 2/2

03 September 2025

Quella sera non dormì. Vagò per casa come un'anima in pena. Quando la notte calò, la luna salì alta nel cielo. C’era una luce lattiginosa, irregolare, e un silenzio strano. Ogni tanto, in lontananza, si sentiva l’abbaiare secco di un cane. Oppure qualcosa che gli somigliava. Aspettò che le luci [...]

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  • BrunoTraven: grazie mille del commento!!! beh ci ho lavorato in un cantiere edile e non [...]

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Amnesia

L'apparenza inganna

03 September 2025

Capitolo I – Il cratere Si rialzò da terra barcollando, la testa pesante, le gambe instabili. La tuta, sporca di polvere e detriti, aderiva al corpo sudato. La vista, ancora confusa, gli restituiva appena i contorni di un paesaggio desolato: pianure brulle, valli scavate dal tempo, rocce appuntite, [...]

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  • zeroassoluto: Secondo me ritmo troppo veloce e capitoli slegati, ma tutto giustificato dalla [...]

  • Lawrence Dryvalley: Piaciuto. Come dice Paolo, un mix di Truman Show e X-Files, a me a ricordato [...]

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