(Sobborgo di Yala- Kenia)

 

Il traffico assordante e uno smog pari a città di milioni di abitanti

Così la vedevamo noi ragazzi, con le gambe a cavalcioni su quel muretto a secco

Il fischio dell’unico treno che percorreva la regione non si fece attendere

Il sole ne indicava l’ora

Le 15 inoltrate.

Il ritardo era una caratteristica, 

A volte si fermava per rifornirsi, mentre a volte correva dritto

Spaventando con un forte fischio distratti anziani e galline razzolanti

Noi ragazzi avevamo tra i quattordici e i diciassette anni

Eravamo una decina e ci conoscevamo da sempre

Il mio nome è Kenenisa, ma gli amici mi chiamano Vento

Quando quel giorno partii di corsa rincorrendo il treno per una scommessa, gli tenni testa

La sua lenta accelerazione e il suo sbuffare vapore mi diedero un vantaggio

E conquistai il nomignolo

Vivevamo tutti nello stesso sobborgo

Case tutte di color paglierino

Con finestre che affacciavano su strade strette e fangose

A volte, nei periodi di grandi piogge, eravamo costretti ad arginare i torrenti che facevano guizzare acque, come percorressero labirinti per trovare la fuga

La scuola ci permetteva di evadere da tutto quello

Mia madre ci teneva alla mia istruzione e controllava sempre fossi a posto con i vestiti la mattina, prima che guizzassi via

Era una scuola statale e ci avevano dato anche una uniforme

Giacca blu e pantaloni corti, di stile colonialistico

Ma appena usciti dalla scuola, la prima cosa subito dopo la cartella in aria, era potersi levare quegli indumenti

E correre

Correre

La mia casa distava ben otto chilometri e la facevo tutta di corsa

Così

D’istinto

E puntualmente ricevevo una sgridata dalla mamma

-Le scarpe Kenenisa, le scarpe! Non devi consumarle. Ne abbiamo in dotazione un paio in un anno e comprarne altre sai che per noi è impossibile! -

-Hai ragione mamma, scusa-

Le giornate passavano più o meno tutte uguali

Ma quel venerdì qualcosa cambiò

Nella strada che facevo tutti i giorni passavo sempre davanti a un grosso campo recintato

E qui, al suo interno, alcuni atleti percorrevano corsie impolverate 

Appoggiai entrambi le mani a quella rete metallica e anche la fronte

E i miei occhi si persero via in tutti quei gesti

Quelle gambe che sorreggevano sforzi incredibili

E quelle braccia che percorrendo un gesto sempre identico, andavano avanti e indietro dal busto, protendendo il pugno chiuso

Come un segno di gran forza

Le fronti bagnate inumidivano gli occhi

E le magliette nere quasi non si notavano più, in un tutt’uno col corpo

Quando gli occhi del loro allenatore mi guardarono, abbassai lo sguardo

Come provar vergogna verso chi invece aveva dei guerrieri in un’arena

Mentre io ero solo uno studente che correva da casa a scuola

Lo vidi avvicinarsi

Poggiò anche lui le mani alla rete e non mi parlò immediatamente

Come se volesse leggermi negli occhi

Come cercare dentro di me quale fame avessi

Le sue uniche parole furono:

-Ti ho visto correre con la divisa, passa qui domani-

Non seppi rispondere

Le gambe che mi avevano sempre fatto correre libero erano prigioniere

E la mia bocca spalancata era la prova della mia meraviglia

 

(Campo di atletica di Yala, ore 16, Sabato)

 

-Che misura di scarpe hai? –

-39 dissi-

-Queste dovrebbero andarti bene-

Quando già stavo per partire nella corsa, in una foga giovanile, le sue mani si poggiarono sulle mie spalle

-Chiudi gli occhi e ascolta. Senti. Il sole ti riscalda e il vento secco sta soffiando. L’aria ti entra nelle narici e fa mancare il fiato, Il caldo diventerà sempre più caldo.

Queste cose ti accompagneranno sempre, ovunque tu ti trovi. Sono il tuo essere. Il tuo paese. Il tuo cuore. Tutto te stesso. Saranno molto dure ma altrettanto generose con te.

Ci proviamo?-

Prima di rispondere inalai ancora dell’aria come per darmi coraggio

-Si! Ci proviamo- 

Si susseguirono ore, giorni, settimane di allenamenti

La sera arrivavo stremato dalla fatica

Ma qualcosa dentro di me diceva che non potevo mollare

Come avessi una missione da compiere

O più semplicemente era una passione

Una di quelle dove tutto il resto sparisce

Ci sei tu e quello davanti a te

La ricerca di traguardi, riscatti e quella felicità che si prova nel correre

Sì, il correre

Quei gesti e movimenti come se dovessi fuggire da chissà che cosa o chi

Gli allenamenti proseguirono per diversi mesi

Le prove più dure furono nel deserto di Ulumbi

Qui tutto era strappato alla vita

Tenaci rettili e scorpioni in barba al clima avevano fatto la loro dimora

Le montagne che costeggiavano il percorso non offrivano ombra

E in una sorta di ascetismo incontrollato, il caldo provocava miraggi

Antenati sussurravano nelle orecchie parole di sostegno

E pozze di acqua si materializzavano per pochi istanti

-Ragazzi venite tutti qua. Devo dirvi una cosa. È arrivata.-

-Cosa?-

Risposero all’unisono tutti gli atleti

-La convocazione-

Gli sguardi tra noi si incrociarono diverse volte, come per dire che avevamo raggiunto l’obbiettivo

Ma oltre essere colmo di speranza, anche di paura di averlo raggiunto

 

(Campionati del Sud Africa- Johannesburg - Ore 11, Giovedì)

 

Eravamo alla prova dei fatti

Partivamo in tre su sei. Gli altri non avevano retto le tensioni e il clima dell’inizio gara

Febbre e diarrea il verdetto del medico

Al primo fischio del direttore di gara, ci allineammo tutti sulla linea di partenza

Un sottile striscione con i colori della Nazione

-Bang, bang- 

Due colpi. Secchi. Risoluti

E via

Ora bisognava solo correre

Quello che avevo sempre voluto

Ora era arrivato il momento di far valere il mio nomignolo (Vento)

Gli atleti, tutti tra i quattordici e i diciotto anni, venivano da tutto il Continente Africano

La gara avrebbe dato accesso ai primi tre classificati di poter andare ai Campionati Mondiali in Svezia

Mi accorsi in quel momento che pensavo troppo

Dovevo essere più concentrato

I primi dieci Chilometri su oltre quarantadue erano stati percorsi

Ma il caldo era soffocante

E la strada anche con pietre a cui dovevi stare attento

Ci guardavamo con i miei compagni

Come se in uno sguardo avessimo trovato dentro di noi ciò che non sapevamo ancora di possedere

Ecco sbandierare il quarantesimo Chilometro

Mancavano ancora pochi istanti

Ma le gambe mi stavano cedendo

Mi ritornarono alla mente le prime parole dell’allenatore quel giorno

La mia terra, il sole, il vento, ma soprattutto il mio cuore

Arrivai terzo davanti a uno dei miei compagni

Questo mi permise di accedere

Mi fece viaggiare e conoscere

Mi permisero di mostrare da dove venivo

…Le medaglie che vinsi sono storia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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