Un tempo ascoltavamo Lucio. Tutti con il cappellino di lana e gli occhialini rotondi sembravamo i cantautori degli anni di piombo, quegli anni settanta che erano nati dall'insuccesso politico degli anni sessanta, quando si inneggiava all'amore e alla pace, Love & Peace e si volevano mettere i fiori nelle bocche dei cannoni. Lucio cantava con il suo clarinetto e raccontava di Gesù Bambino, di marinai e di fronte del porto. Cantava di Anna  "che avrebbe voluto morire " o di Marco "che voleva andarsene lontano"; ma qualcuno li vide andar via tenendosi per mano. O si era disperati, erotici, non stomp. E Lucio raccontava le nostre fragilità, le nostre disperazioni e pensava che l'anno che sarebbe venuto sarebbe stato più bello e più ricco di poesia di quello che si spegneva. I fascisti e i comunisti si picchiavano davanti i cancelli delle scuole e si occupava per poter fare autogestione.

Un tempo ascoltavamo Lucio e pensavamo che la nostra adolescenza non sarebbe mai trascorsa. Invece ora ascoltiamo i vinile di un tempo e ci accorgiamo che il tempo è volato via. E che di tutto quello che abbiamo sognato forse un piccolo frammento s'è realizzato e non ne rimane alcuna traccia nelle nuove generazioni, ipnotizzati dai device tecnologici e costretti a non pensare e a non emozionarsi, come facevamo noi un tempo ascoltando Dalla.

 

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Senryu

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