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C’era qualcosa di divertente nel mio lavoro. Clienti diversi, esigenze le più svariate, talora richieste assurde del tipo
«Vende le sigarette?»
Eppure c’era scritto Boutique della frutta fuori dal mio negozio. Avevo imparato a sopportare quelle pretese e a fare bei sorrisi a tutti per ingraziarmeli. Certo vendevo pasta, bicchieri di plastica e altro ma la gente correva a tal punto da credere che io fossi un tabaccaio. Essendo un uomo sincero vi dico che mi infastidiscono i clienti distratti. Sarà anche un difetto, ma perché non posso dirvi la mia? Cercavo di farmeli piacere senza riuscirci, anche se le loro stramberie mi facevano morire dal ridere. Avevo faticato per aprire il negozio e non vi nego che mio padre mi aiutò molto, per cui me lo tenevo caro e anzi vi cercavo ogni giorno qualcosa di interessante. Alle volte il mio piccolo emporio era vuoto e mi affacciavo su piazza Garibaldi a guardare la gente. Fumavo una sigaretta e osservavo la gente. Dopo il riposo mi dilettavo ad aggiustare pacchi di sale o di biscotti sugli scaffali, dirimpetto alla vetrina e mentre lavoravo dalla lunga finestra della mia boutique spiavo le persone che passeggiavano sul marciapiede. Scrutavo ogni cosa, dagli abiti, alle espressioni del viso, ai discorsi. Quel pomeriggio faceva molto freddo eppure io avevo bisogno di una boccata d’aria. Uscii dal mio negozio e notai una ragazza. Non era di questa città, mi sembrava però di conoscerla. Aveva dei modi aggraziati e un fare gentile che la rendevano preziosa. Indossava un cappottino rosa confetto, con su un fiocco dello stesso colore pieno di perline traslucide. Era molto fine. Rientrai, faceva troppo freddo per starmene lì fuori a contemplare i passanti e la ragazza dal cappottino rosa. Si fece tardi in un attimo e dovevo chiudere il negozio, così dopo gli ultimi conti di cassa tornai a casa infreddolito. L’indomani alle sette in punto mi svegliai felice. I miei clienti mi aspettavano e chissà anche la ragazza dal cappottino rosa. La mattinata trascorse in un lampo, avevo venduto chili di frutta. Verso le 15.30 mi riposavo spesso, era il momento più morto della giornata ma anche quello che aspettavo di più perché potevo dedicarmi al mio passatempo preferito. La rividi di nuovo, stavolta non aveva il cappottino rosa, rimasi stordito per quanto era bella. Provai a salutarla con enfasi perché non riuscii a trattenermi, e mi chiesi nuovamente dove l’avessi vista. Quel visetto familiare ricambiò il mio saluto ma con un certo sospetto. Chissà cosa le passò per la mente. Ripassando dalla sua passeggiata entrò al negozio. Non potevo credere ai miei occhi. Per non infastidirla la lasciai girare nella mia boutique alla ricerca di qualcosa di utile. Comprò un pacco di tovaglioli e mentre mi pagava le chiesi scusa per l’invadenza, ma non riuscii a starmene zitto,
«Dove ci siamo visti?»
le dissi con voce bassa per paura che qualche mio cliente speculasse. Rimase in silenzio per un poco poi esclamò
«Non so, forse qui».
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Utente Anonimo
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