Il Profeta istintivamente si trovò seduto al primo suono d’allarme, ancora con le pieghe del cuscino ricamate sul viso, tirò su di naso sgranò gli occhi e con un colpo di reni si spinse ritto sulle gambe. Nel mentre che stirava la schiena tirando in alto le braccia una voce gli rimbombò nella testa: “Profeta, scusi il disturbo, ma qui è tutto un casino”
“Maledetto incapace” pensò riferendosi al suo assistente e disse: “Arrivo il prima possibile imbecille! Cos’hai combinato?”
“Perché dovrebbe essere sempre colpa mia?!” ribadì l’altro.
A passo deciso il Profeta percorse il poco spazio che separava la camera da letto al laboratorio e oltrepasso il suo assistente, vi si posizionò davanti oscurandogli la visuale del monitor che ora illuminava il suo viso. Un ampia fronte catturava gran parte della luce, accuratamente rasata come il resto del volto, gli occhi scuri, che la maggior parte del tempo erano nascosti da due lenti senza montatura sorrette da un arco, erano divisi da un naso a punta. Nel leggere gli errori apparsi sul monitor le labbra sottili si schiusero, mostrando l’interno fino all’epiglottide.
Zikit suo assistente nonché compagno di vita, nel mentre aveva avviato un ciclo di depurazione dell’aria, avviò la sterilizzazione di un camerino e selezionò sul monitor principale: emergenza codice zenit. Terminato ciò poso la mano sulla maniglia della cabina e si voltò verso il suo compagno. Nello stesso istante il Profeta si girò anch’esso e vide Zikit, come mai prima d’ora, sconvolto. Le sue grandi orecchie, che avevano fatto da sempre cornice al sorriso, ora risaltano l’enorme mandibola. Gli occhi, ingranditi dalle lenti spesse un dito, erano tristi, le labbra carnose risultavano inespressive ma il tutto era messo in secondo piano dal naso che spuntava come una patata verrucosa dal terreno, “che espressione penosa” pensò il Profeta avvicinandosi con disgusto.
Diede anche la sua approvazione sul monitor principale. “CODICE ZENIT AVVIATO” sibilò una voce elettronica sbloccando la porta della cabina, vi entrarono la porta si richiuse e con se fece scattare degli ingranaggi che li sigillò dentro. L’allarme risuonava per tutta la struttura, ogni apparecchio era istruito su come operare mentre la cabina si inondava di un gas sterilizzante, Zikit caricava della cartucce nella stampante 3D e ripensava al suo operato, era ormai passato così tanto tempo dalla creazione del ceppo originale di tech-virus. Gli pareva impossibile che qualcuno lo avesse hackerato, inoltre lo avevano dotato di un sistema difensivo gestito da un IA appositamente programmata. Prima che la stampa ultimò, quello che sembravano una coppia di apparecchi odontoiatrici del XXI secolo, il Profeta lo allontanò dai suoi pensieri dicendo:
“E’ colpa nostra mio caro!”
Zikit aggrottando le sopracciglia in una smorfia di incredulità replicò: “Non dire assurdità, non crederai mica l’abbia fatto apposta?”
“I tentativi di manomissione provengono dall’interno, i codici erano firmati EmpaIA”
“Non vorrai mica dirmi che..”
“Esatto mio caro, il sistema di apprendimento progressivo di cui lo abbiamo dotato ha individuato noi come l’origine e cerca di infettarci” detto ciò Profeta prese l’apparecchio e lo infilò in bocca, il suo compagno lo imitò. Al contatto con la saliva l’oggetto prese vita, si saldò al palato generando una patina viscosa inondando tutta la bocca, che permetteva di depurare l’aria aspirata, due propaggini dello stesso materiale viscoso si infilarono su per il naso con la stessa funzione sterilizzante. Un ultimo pezzo, della grandezza di un bottone, andò a posizionarsi in mezzo al petto, mentre un velo della medesima sostanza avvolse l’intera superficie epiteliale di entrambi. Zikit sentendo la patina, costituita in parte di saliva, gli percorse un brivido lungo la spina dorsale, e ripensò a quando tutto ebbe inizio. Aveva preso tutto sempre alla stregua di un gioco e non si sarebbe mai aspettato questo malessere emotivo, finché non realizzò che non era colpa sua, incredulo, disse: “Colpa delle tue profezie! Ogni cosa è resa hackerabile. Phff ” canzonò.
Il Profeta, anticipandolo, era uscito dalla cabina e si accingeva ad entrare in ascensore, appena dentro si voltò e fulminò con lo sguardo il suo assistente, si ritrovarono a fissarsi in modo minaccioso ad un palmo di distanza. Entrambi negli anni trascorsi nel laboratorio, nel loro contorto gioco con la morte, avevano per forza di cose coltivato odio e disprezzo verso ogni espressione della vita. Si sarebbero saltati addosso l’un l’altro se non fosse stato per la salvaguardia della loro specie o per il doppio bip che indicò la chiusura dell’ascensore e si ritrovarono uno al fianco dell’altro, Zikit non ancora contento incalzò: “Avremmo dovuto fare a modo mio: guerra nucleare e politica del terrore. Ma tu: no sarebbe troppo facile” lo imitò. Riconoscendo le sue colpe, ma senza palesarle, il Profeta gli porse lo stesso sguardo di quando voleva essere lasciato in pace.