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27 dicembre 1978: sbarco a Bangkok con 152 italiani (la maggior parte solitari maschi adulti) illusi di trovare in quella parte del mondo un paradiso. Prima di partire sono stato istruito dal titolare dell’agenzia sui pericoli reali che si celano dietro i sorrisi esotici di quelle bellissime donne.
La prima grana scoppia sul marciapiede dell’aeroporto: ventidue persone sono sparite.
I relativi bagagli sono allineati con ordine nello spazio di carico per gli autobus.
Non so dove cercarli: provo a chiedere a un portabagagli ma mi risponde nella lingua locale.
Allora mi ricordo di un’istruzione ricevuta: pochi dollari scivolano dalla mia mano e d’improvviso parla inglese e m’indica una zona defilata verso il parcheggio auto.
In effetti, c’è un autobus fermo: mi avvicino e riconosco un membro del gruppo.
Salgo a bordo e sono circondato da tre ragazze. Un thai di mezza età, in un francese stentato mi fa capire che potevo “affittare” una delle ragazze per 150 dollari il giorno più le spese (vitto, alloggio e mance).
I “massaggi” sono la specialità della casa.
Lui è il lenone di turno e lo ammette senza particolari emozioni. Dobbiamo toglierci di lì perché la polizia tailandese non ammette certe trattative in aeroporto.
Gli italiani sono arrivati armati di tutti i numeri di telefono utili e nell’attesa di recuperare i bagagli hanno telefonato. L’organizzazione ha risposto come un cronometro svizzero.
Tutto termina in fretta: non voglio dover affrontare la polizia locale e il mio atteggiamento da professionale per favorire una vacanza serena, diventa aspro con minaccia di abbandono.
Hanno anche trattato sul prezzo: lo dicevano con ripugnante spavalderia.
La mattina del decimo giorno mi vuole parlare Antonio: lo devo aiutare.Vuole portare la sua Celeste
in Italia, è disposto a pagare qualunque cifra ma lei deve essere al suo fianco per il resto dei suoi giorni perché Celeste è l’unica che sappia amarlo, che sa come renderlo felice.
Come da catechesi ricevuta, lo carico su un taxi e lo spedisco all’ambasciata d’Italia: sono bravissimi nel disilludere e nel moltiplicare difficoltà.
Nei pochi minuti che abbiamo potuto dedicare al problema, ho scoperto che quei giorni gli sono costati quasi 8000 dollari (siamo nel 1978!) e che aspetta altri soldi dall’Italia per coronare il suo sogno.
Celeste non è partita con lui e in aeroporto Antonio piangeva come un bambino.
Adesso come allora non credo assolutamente che il lenone l’avrebbe lasciata partire.
Non posso discettare sulla sua felicità o infelicità ma questo non è compito di un professionale
organizzatore di viaggi.
Nel frattempo tutti gli uomini si sono organizzati per navigare tra le decine di case per “massaggi”: in pochi giorni si sono fatti una cultura molto specialistica, hanno coinvolto anche gli sposati organizzando tour per le signore tra le sartorie thai che in mezza giornata cuciono splendidi abiti di una seta eccezionale.
Ho fatto i salti mortali per evitare di essere coinvolto: sarebbe stato un boomerang. Disavventure, false emozioni si sarebbero scaricate sul sottoscritto in un crescendo incontrollabile.
Sempre il decimo giorno altri mi vogliono parlare: “…abbiamo bisogno di un medico…”.
I problemi gastro-enterici sono all’ordine del giorno. Questa volta i batteri hanno colpito più in basso e in profondità. I ceppi batterici in quella parte dell’Asia erano allora particolarmente resistenti ai trattamenti antibiotici. Li metto su un taxi e li mando dal Dott. Viola (indicazione fornitami dal titolare) medico napoletano che da trentacinque anni cura gli italiani e i loro errori. Persona simpaticissima che il 28 dicembre venne in albergo per salutarmi e con il quale ho festeggiato, insieme ai suoi nove figli, il capodanno. Dicevano che riuscisse a fare miracoli.
Non ho chiesto lumi sullo sviluppo della situazione e i tre non hanno ritenuto di dovermi aggiornare.
Sono ripartiti tutti il 7 gennaio ma io ho dovuto fermarmi ancora tre giorni per pianificare con il corrispondente l’attività ‘78/’79.
Ho approfittato per provare il massaggio thai all’ospedale civile. Era stato creato un reparto speciale per stranieri. Si poteva accedere solo mostrando il passaporto e il biglietto aereo di ritorno.
Mi era stato raccomandato da Viola. Non brillava per nitore, ma poteva andare.
In un lungo corridoio si trovavano delle stanze con un lettino, una doccia, la porta era basculante con un vetro che permetteva la visione dell’interno.
Due uomini armati di sfollagente passeggiavano indolenti. Il loro compito era scoraggiare qualsiasi…iniziativa.
D’improvviso sono arrivate due piccole lottatrici tale era ipertrofica la loro massa muscolare.
Mi hanno preso, quasi strappato i vestiti di dosso e messo sotto una doccia bollente.
Con una spazzola molto ruvida mi hanno veramente strigliato. Poi per un’ora hanno piegato giunture, ginocchia con angolazioni non umane. Mi hanno girato la testa da sinistra verso destra e viceversa con mani delicate: non pensavo di riuscire a resistere.
Quattro mani hanno “rimpastato” i miei muscoli senza esitazione e senza pudore.
Mi hanno veramente rimesso a nuovo.
Era severamente vietato dare mance.
Come mi suggerì Viola, sono andato all’uscita del personale alle 19,30 e quando le ho viste uscire, ho stretto loro la mano includendo nel palmo 10 dollari.
Almeno 4 sarebbero finiti nelle mani degli uomini che passeggiavano nel corridoio. Lo stipendio era di circa 20 dollari al mese.
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