LA TELEFONATA

racconto

di

Michele Pingitore

 

E per settimane e mesi continuò così in quel modo. Aveva provato anche a staccare il telefono qualche notte, ma fu del tutto inutile, perché ormai era entrato in un circolo vizioso in cui non poteva fare a meno di quegli squilli notturni. Facevano ormai parte della sua esistenza, volente o nolente. Quelle due o tre notti in cui l’aveva staccato, al contrario di quello che pensava, non riuscì a dormire neanche un istante. La terza e ultima notte in cui lo fece a un certo punto, in preda ad un’ansia quasi disperata, si alzò per riattaccare il telefono. Sperava così di potersi addormentare come ormai faceva di solito, dopo aver risposta alla chiamata. Ma non ci fu. Pensò che forse era già stata fatta quando l'apparecchio era staccato. Quella notte, in preda all'insonnia ebbe quasi paura. Si aspettava da un momento o l'altro che il telefono squillasse. Invece di essere contento e sollevato, perché forse non sarebbero più arrivate, si preoccupò di quello strano silenzio notturno. Ma tutte quelle inutili preoccupazioni svanirono la notte successiva, quando il telefono squillò di nuovo nel cuore della notte. Al primo squillo, si fiondò di corsa lungo il corridoio per andare a rispondere. Percorrendo velocemente quel tragitto, in cuor suo, era felice di sentire risuonare il telefono.

- Pronto! -

- Sono Dio! -

Avrebbe voluto dirgli, se la telefonata come al solito non si fosse interrotta bruscamente: - Grazie signor Dio, mi stavo preoccupando, poiché in quest’ultimi giorni non mi avevate più chiamato. -

Oppure avrebbe potuto dirgli: - Scusi signor Dio, ma è sicuro che non sta sbagliando numero? Io non ho fatto niente di male. E poi mi può spiegare, se lei è veramente Dio, perché mi chiama continuamente nel cuore della notte! -

Ma non poté dirgli niente di tutto ciò. I giorni passavano e i suoi nervi stavano cedendo. Non sapeva cosa fare e come poter uscire da quella situazione ormai fuori controllo. Nel frattempo però, si era quasi convinto che a chiamarlo quasi ogni notte fosse sul serio Dio. Non prendeva più in considerazione l’ipotesi di qualche scherzo malsano da parte di qualcuno. Insomma, era convinto che Dio lo chiamasse sul serio. Ma per dirgli cosa? E poi perché proprio a lui? Questo non riusciva a spiegarselo o a trovare una ragione valida.

Anche per questo motivo decise di rivolgersi al prete della sua chiesa. Una domenica mattina, dopo aver assistito alla messa, entrò nella sacrestia e chiese udienza in forma privata. Il sacerdote ci mise un po’ a capire chi fosse, poiché non era un abituale frequentatore di quella parrocchia. Ma visto lo stato di abbattimento palese del suo interlocutore volle dedicargli qualche minuto.

- Padre lei ha rapporto con Dio? -

- Certo! Attraverso la preghiera e la meditazione comunico con lui. -

-  Quindi comunica con lui? -

- Sì, come tutti i credenti! -

- Allora padre, può intercedere per me verso di lui? -

- Questo lo può fare anche lei, pregando o meditando come tutti i credenti! -

- Sì, ma nel mio caso vorrei che fosse lei a farlo. Se fosse possibile. Intercedere per conto mio! -

- Riguarda cosa? -

- Ecco, deve dire a Dio di non chiamarmi più al telefono! Oppure di dirmi cosa vuole. -

- Cosa? -

Rimase stupito e sbalordito da quest’ultime parole. Ma anche molto preoccupato, poiché iniziò a osservarlo in modo diverso.

- Lei mi stai dicendo che il nostro signore la chiama al telefono? -

- Sì, proprio così! Quasi ogni notte! -

- Ma cosa dice! Lei sta bestemmiando! Lei sta nominando invano il nome di Dio! Bestemmiatore! Deve essere un pazzo! Vada Via! -

Scappò subito via dalla sacrestia, inseguito dalle urla del prete furibondo fino a quasi al sagrato esterno: - Via! Via! Vada via! Pazzo bestemmiatore! Pazzo! -

Quella notte il telefono squillò di nuovo e così la notte successiva e quella ancora.

Poi una notte, dopo mesi e mesi, andando a rispondere si aspettava la solita procedura:

- Pronto! -

- Sono Dio! -

Ma invece questa volta aggiunse: - Ci vediamo domani!-

Stava per rispondere: -Dove? -, ma la telefonata terminò come al solito.

Inutile dire che quelle tre nuove parole lo scombussolarono per sempre. Non si diede pace, non dormì più quella notte, poiché era stata pronunciata una nuova frase. E una valenza o un significato dovevano pur averlo, pensava. Quale?

Il giorno dopo in ufficio ripensò per tutto il tempo a quelle nuove parole, “Ci vediamo domani!”. Cosa intendeva dire? Si sarebbero visti dove? In un bar a prendersi un caffè? Al cinema? In piazza? Al supermercato? Magari era un semplice appuntamento con Dio in qualche posto, pensò in modo superficiale, come voler scrollarsi di dosso tutta la tensione accumulata negli ultimi mesi. Così avrebbe potuto raccontarlo a qualche collega d’ufficio: - Sai ieri ho preso un caffè al bar con Dio! -

- Con chi? -

- Con Dio! -

- Sul serio? -

- Sì! -

- A sì? E Dio come l’ha bevuto il caffè con panna o senza? Non farmi ridere! - 

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