Durante il periodo delle superiori la stagione che attendevo con trepidazione era senz'altro l’estate per potermi finalmente rilassare e dedicare ai miei hobby, principalmente giocare ai videogames, ascoltare musica, andare al mare e soprattutto a guardare la TV, anche fino a tarda notte. Insomma, per dirla nel gergo messinese: a menarmela!

Dopo vari ripensamenti ho deciso di narrare/confessare un episodio... cough, cough, cough! Cari lettori, scusate la tosse, il fatto è che mi vergogno un pochino, chissà cosa penserete al termine della lettura. Ok dai, niente seghe mentali, sono sicuro che assieme a me ci riderete sopra, pertanto vado avanti.

Mi ricordo che in quell'anno in famiglia tenevamo in salotto un grande televisore a schermo piatto con un grazioso tavolino al centro e ogni sera discutevo con mio padre su chi dovesse piazzarsi davanti all’apparecchio, tra l’altro usufruendo di una comodissima poltrona reclinabile, per visionare film e i programmi tv di proprio interesse. In caso contrario, in un'altra stanza ci sarebbe stato il computer per svagarsi, io con i giochi oppure scrivendo raccontini, mio padre invece con l'installazione e l'uso di svariati software inerenti all'informatica, una delle sue grandi passioni. Da precisare che non avevamo ancora internet, ma francamente non ne sentivamo l’esigenza.
Mia madre e le mie sorelle preferivano una modesta televisione collocata in cucina con un altrettanto confortevole divano con gli immancabili format che già cominciavano a proliferare.
In un’afosa notte di luglio, causa la solita mancanza di sonno, dopo aver preso in "ostaggio" la TV mi misi a cazzeggiare con il telecomando alla ricerca di qualcosa di interessante, tranquillamente spaparanzato nella solita poltrona con addosso dei pantaloncini corti, delle mutande e rigorosamente senza maglietta. Si erano fatte le 3:00 passate e, dopo innumerevoli zapping, finii in un canale privato che trasmetteva uno stuzzicante lungometraggio erotico, credo di produzione francese.

«Minchia!», esclamai tra me e me inumidendo le labbra.

Mi drizzai di scatto per assicurarmi che la porta del soggiorno fosse ben chiusa e con l’eccitazione alle stelle ritornai velocemente verso la mia postazione, del resto in piena età adolescenziale gli ormoni risultavano praticamente impazziti. Oh, persino adesso che ho trentacinque anni posso garantire che non si sono calmati per niente.

Estrassi dalla tasca un pacchetto di fazzoletti per sfilarne uno per metà: il cannone era pronto per essere sparato!

In men che non si dica abbassai l’indumento di sotto e cominciai a massaggiare lo sventrapapere. Dall'ultima manovella erano passati tre giorni, un po' troppi per un minatore come me, non per questo qualcuno a scuola mi chiamava Segaiolman, un soprannome che non ritenni dispregiativo perché mi dava l'aria di supereroe tanto da immaginarmi orgogliosamente con una grande S davanti al petto, tipo Superman.

Ancora oggi rammento piuttosto bene le piccanti sequenze di quel film libidinoso trasmesso in fascia notturna: In una camera d’albergo c’era una giovane francesina molto sensuale, dai capelli neri a caschetto e con una bella frangetta che si prodigava a cavalcare appassionatamente un uomo che in quel preciso istante le toccava nonché le succhiava con avidità le piccole e ben proporzionate tettine. 

--- Oh, oh, oh sì, sì, sì, oh, oh, ohhhhhhhh!!!---  quei gemiti e quei sospiri si fecero via via maggiormente arditi, l’immedesimazione fu totale, in quel momento mi sentivo come se sostituissi quel marcantonio e a scopare quella morettina ci fossi io.

L'asta del Marruggio (denominazione messinese/palermitana) aveva raggiunto il massimo, continuai a muovere sopra e sotto con maggiore vigore. I due apparivano all'apice, stavo quasi per arrivare anch'io finché udii il rumore della maniglia della porta del soggiorno.

Venni interrotto, nel vero senso della parola, proprio sul più bello e avevo pochi secondi di vantaggio per non farmi trovare in quello stato.

In maniera goffa tirai su mutande e pantaloncini, il pacchetto di fazzoletti mi cadde sul pavimento e lo coprii con un piede scalzo mentre col telecomando pigiai un tasto a caso finendo in un canale di televendite dove un tizio proponeva a gran voce dei tappeti persiani. Entrò mio padre per prendere l’accendino, le sigarette e gli occhiali da vista sopra il tavolo della stanza. 

Mi ritrovai così in una strana posizione ovverosia non più disteso ma seduto, la gamba sinistra a terra, quella destra sul poggiapiedi, il telecomando adagiato sulla patta gonfia, il braccio sinistro appoggiato sul bracciolo e quello destro che alzai per strofinarmi un occhio con il palmo della mano.

«Tappeti persiani di Tabriz, originali, donano ad ogni ambiente un'atmosfera orientale grazie ai loro splendidi colori...», reclamava il televenditore con estrema disinvoltura e con una vaga somiglianza al noto Roberto da Crema per via dei baffi.

Piano piano ritornai nella posizione originaria, cercando di mantenere un atteggiamento calmo, freddo e impassibile.

Da un lato mi scappava da ridere, dall’altro mi sentii a disagio, speravo dentro di me che mio padre non avesse capito una sega di quanto mi stavo cimentando a fare poco prima. Si incamminò in direzione del tavolo, prese gli occhiali e li pulì lentamente con un piccolo panno.

--- Ebben, che feci?--- (citazione manzoniana)

Semplicemente continuai a guardare la televendita con finta aria annoiata.

Ad un certo punto il babbo assunse un'espressione maliziosa, malgrado fosse di profilo me ne accorsi poiché lo osservai fugacemente per poi indirizzare nuovamente lo sguardo sull’apparecchio televisivo.

«Peppe, chi fà? T'accattari un tappitu?», mi disse in siciliano, con un leggero sorriso e che tradotto sarebbe "Peppe, che fai? Ti devi comprare un tappeto?"

«No, no, no, è che… non c'è un cazzo!», farfugliai.

«Sa avia caputu!» - "L’avevo capito!" esclamò annuendo con aria divertita e se ne andò accendendosi una sigaretta.

Sgamato in pieno.

 

Avevo 15 anni.             

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