Mi trovai in un'anonima città, grigia e austera, in cui le persone camminavano con una andatura e una postura simile a quella degli automi.

A un certo punto, mentre stavo percorrendo uno spazioso marciapiede, un tedioso brusio attirò la mia attenzione, causato da una moltitudine di persone addensata vicino alle strisce pedonali.

Mi feci largo tra la folla e notai un tizio ammanettato dalla lunghissima barba, col sangue che gli colava dal naso e due agenti che lo trascinavano con forza nella volante della polizia.

«Ben gli sta! L'hanno beccato con la roba!», mi informò uno dei presenti nonostante non lo avessi interpellato. Probabilmente l'arrestato risultava uno spacciatore.

Uno dei poliziotti, dopo essersi infilato un paio di guanti in lattice, da terra raccolse con estrema cautela un grosso libro, riuscendo in qualche modo a far scorgere che si trattava de "I miserabili" di Victor Hugo, per poi inserirlo in un sacchetto trasparente, proprio uno di quelli utilizzati dalla scientifica per il rilevamento delle prove.

«State indietro!», gridò l'altro suo collega, alzando il manganello con fare minaccioso e al contempo con l'atto di estrarre la pistola dalla fondina.

Tutti noi indietreggiammo, peraltro altre pattuglie vennero a dare manforte a quella coppia di cazzuti uomini in divisa.

Devo proprio ammettere che mi incuriosii non poco di come quel grosso tomo appena sequestrato, venne trattato con i "guanti bianchi " (nel vero senso della parola!). Forse il volume rappresentava l'arma impropria utilizzata dall'individuo tratto in arresto per ferire o addirittura uccidere qualcuno, oppure la prova concreta che all'interno di esso vi si nascondeva della droga.

«Sono convinto che in prigione, col processo di rieducazione, capirà che i libri fanno male!», asserì l’astante di prima rivolgendosi nuovamente al sottoscritto.

Mi si gelò il sangue, tant'è che lo guardai tra lo stranito e il costernato.

«Lei non è di qui, vero?», mi chiese sospettoso.

Mi limitai soltanto ad annuire, a causa dell'incredulità non potevo nemmeno spiaccicare una sillaba.  

«Le do una dritta: stia lontano dai libri di qualsiasi genere, altrimenti si caccerà nei guai!», mi consigliò quel signore gesticolando con enfasi.

Continuai a non proferire parola, le circostanze mi apparvero dannatamente surreali, a momenti sembrava che stessi vivendo il romanzo, oppure il film distopico, di Fahrenheit 451, dove i libri essendo considerati sovversivi venivano sequestrati, accatastati e bruciati.

Ripresi il cammino, dando le spalle a quello strano passante, senza ringraziarlo per l'informazione e senza nemmeno salutarlo. Tra mille interrogativi attraversai la strada per ritrovarmi dinnanzi a una atipica biblioteca con un'insegna fatiscente dall'ingresso lungo e stretto.

Colto da un'inspiegabile attrazione decisi di entrare, qualcosa mi suggeriva che all'interno avrei trovato delle eventuali risposte.

Salii una serie di scalini  che sembravano non finire mai fino a giungere a un enorme e labirintica sala. Restai di sasso per la sequela di tetri corridoi aventi degli scaffali LETTERALMENTE vuoti, con sopra delle singole e fioche lampadine per ciascuno di essi.

Inoltre l'illuminazione era pure garantita, sempre quel minimo, da un candelabro collocato in una piccola scrivania posta al centro dell’inverosimile luogo dove un occhialuto anziano signore, pallidissimo addirittura più delle candele stesse, era intento a scrivere su un registro con una curiosa penna d'oca.

La deduzione mi portò a qualificarlo come l'addetto di servizio alla biblioteca.

'Bibliotecario di che?' pensai tra l’ironico e il tormentato.

«Toh, un lettore, erano anni che non ne vedevo uno», esordii educatamente il decrepito tizio riponendo con cura la penna nel calamaio. «Purtroppo libri non ce ne stanno, penso te ne sarai accorto!»

«Cosa sta scrivendo?», gli domandai.

«Sto stilando una lista di libri che non esistono più, che non esistono e che non esisteranno mai!», rispose con un sorriso triste e malinconico.

Il disagio si impadronì di me, alzai lo sguardo focalizzandomi su un muro scrostato coperto alla meno peggio da una grossa croce in legno con un finto libro inchiodato. Il mio interlocutore se ne accorse.

A tal proposito non ricordo al 100 % ciò che mi raccontò quel tale dal pallore mortale, soltanto che nel Paese senza Libri persino la Bibbia venne bandita e che la metaforica opera era stata realizzata da lui stesso e per di più titolandola "Libro appeso al chiodo."

L'angoscia, la paura e l'oppressione irreversibilmente si aggiunsero all'inquietudine.

«Ragazzo ascolta, ti posso fare dono di un mio aforisma con la promessa che lo diramerai in ogni dove una volta fuori di qui?», mi chiese.  

Dissi di sì, sebbene lo feci meccanicamente, infatti essendo terrorizzato non riuscivo a sostenere nessuna frase di senso compiuta nei confronti di quell'anziano funzionario.

 

Chi "libra" con la fantasia, può "librarsi" in alto, grazie soprattutto ai libri che sono amici. “Libriamoci”.

 

Improvvisamente si udii una sirena.

«La polizia! Devono averti seguito. Presto, vai laggiù in fondo e apri quella porta a destra», mi esortò fermamente il canuto signore indicando con l'indice. «soltanto così potrai uscire da quest'incubo!»

Non me lo feci ripetere due volte, corsi a perdifiato con il cuore in gola nella direzione indicata dal vecchietto e infine, una volta spinta la maniglia, entrai in una stanza piena di luce. 

Mi svegliai di soprassalto.

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