Ancora oggi nel piccolo borgo di pescatori dell’Isola, quando il sole è al tramonto e il suo avvolgente abbraccio si fa più tiepido, tra i muri bianchi spruzzati di sale delle case a ridosso della spiaggia, i vecchi chiamano a raccolta i bambini e li fanno sedere in circolo per narrare loro delle storie.
Tra i tanti racconti che il mare può offrire, e di cui tante generazioni hanno custodito la memoria in quello sperduto angolo di mondo che fatichereste a trovare su una cartina, uno in particolare da sempre solletica la curiosità dei giovani poiché, si dice, sia avvenuto proprio in quella terra ed ancora oggi pare avere lasciato delle tracce.
Si tratta della storia di Rosario, giovane pescatore nato e cresciuto nel borgo tanti e tanti anni fa, nessuno sa precisamente quando.
Insieme ai suoi fratelli e a suo padre tutti i giorni Rosario si svegliava prima dell’alba per sistemare le reti, in modo da poter poco più tardi trascinare in mare la barca di legno, che doveva essere mantenuta con molta cura ogni giorno, dato che era fondamentale per la loro vita.
La madre, Santina, aspettava il loro ritorno a casa tra faccende domestiche e piccoli guadagni con la vendita alle ragazze del paese di collane e braccialetti costruiti con le conchiglie, che andava a raccogliere sugli scogli e sulla battigia.
Se il pescato era particolarmente abbondante, accadeva raramente ma accadeva, il padre Carmine non voleva perdere tempo: per andare nella cittadina più vicina a vendere il pesce prendeva il carro e, data la felicità per un evento così inaspettato, neanche si preoccupava di verificare la sufficiente integrità del mezzo. Partiva a spron battuto per le strette vie del paese.
Fu durante una di quelle scatenate trasferte che, alla prima curva della strada che portava all’uscita del borgo, il carro perse la ruota di sinistra e si ribaltò, scontrandosi contro il muro della chiesa e perdendo tutto il carico che fu presto razziato dagli affamati poveri del villaggio.
Il mezzo andò distrutto e anche Carmine, raccolto privo di sensi da Padre Calogero, il parroco, fu costretto a un lungo periodo di inattività per curarsi le ferite.
Rosario, essendo il figlio maggiore, fu costretto a prendersi sulle spalle la famiglia e ad occuparsi delle attività di pesca e, quando andava bene, del commercio nella vicina cittadina.
Il giovane fu dapprima spaventato dalla situazione, non sapeva bene come comportarsi, ma piano piano prese coraggio e condusse il tutto con saggezza e lungimiranza, tanto da potersi permettere di comprare, con i guadagni ottenuti dalla vendita di molluschi, orate e pesce più pregiato, una barca più ampia e robusta.
Il padre ne fu molto felice e, da allora, nelle sere d’estate la famiglia si trovava a mangiare davanti alla spiaggia, festeggiando con la gente del paese e bevendo il vino che arrivava dalle vicine colline e che finalmente potevano permettersi. Dalla felicità generale solo Rosario ogni tanto si appartava a scrutare il mare e a chi lo raggiungeva per chiedergli che cos’avesse, perché si fosse appartato mentre il resto delle persone festeggiava, egli rispondeva semplicemente, puntando l’indice verso la massa d’acqua salata: “Lì è il mio destino”.
Ma la vita è da sempre irta di difficoltà e non si finisce mai di imparare.
Una sera d’estate le nubi stavano diventando sempre più scure e un forte vento spazzava la spiaggia dell’isola: Rosario nel pomeriggio era andato in città e aveva preso accordi con il padrone di un emporio, impegnandosi a consegnare un carico di seppie e calamari non più tardi del pomeriggio del giorno dopo.
Malgrado i suoi fratelli e suo padre lo sconsigliassero poiché c’era aria di tempesta, egli volle partire per la battuta di pesca a tutti i costi, e si fece accompagnare dai fratelli Carmelo e Angelo.
Presero il largo e buttarono le reti ma presto le condizioni del tempo si fecero critiche, il vento cominciò a soffiare talmente forte da alzare onde alte qualche metro. La pioggia complicava la situazione e i fratelli tentarono disperatamente di tornare indietro, forzandosi sui remi per riuscire a governare la barca.
“Siamo persi ormai!” gridò Carmelo mentre neanche più la costa si distingueva.
Rosario cercò di fargli coraggio e rassicurarlo, nonostante neanche lui ci credesse davvero.
“Carmelo, ce la faremo. Vedrai che domani saremo sulla spiaggia a bere vino e mangiare zuppa di seppie per festeggiare lo scampato pericolo.”
Ma non fece in tempo a finire la frase che le loro speranze e la barca si infransero su uno grosso scoglio affiorante dall’acqua che come un rasoio divise in due il natante facendo cadere nel mare nero come la pece i suoi occupanti.
I gabbiani e la luce del sole svegliarono forse il giorno dopo, forse più tardi ancora, chi può dirlo?, il povero Rosario che si trovò adagiato su uno scoglio senza che vi fosse traccia dei suoi fratelli nei dintorni. Il giovane capì la situazione e pianse disperato, maledicendo il momento in cui aveva preso la decisione insensata e stupida che era costata la vita dei due poveri ragazzi.
Ma c’era qualcosa, seminascosta dall’acqua, a pochi metri da lui. Sembrava un ciuffo di capelli che il mare faceva ondeggiare. Rosario si levò faticosamente in piedi per vedere cosa fosse. Forse era uno dei suoi fratelli e lui poteva ancora salvarlo.
Si avvicinò e vide che si trattava di una ragazza, una bellissima ragazza dai capelli scuri e la carnagione olivastra. Era ferita ma viva. Rosario cercò di risvegliarla ma ogni tentativo fu inutile. Allora prese una grossa asse di legno trovata sullo scoglio, sicuramente una parte di quel che era la sua barca, e siccome intravvedeva la costa, decise di raggiungerla a nuoto aggrappandosi ad essa e portando in salvo la giovane, in un disperato tentativo di sopravvivenza.
Ci riuscì dopo diverse ore e molta fatica. I pescatori sulla spiaggia riconobbero Rosario e raccolsero i due superstiti. Anche Carmine e Santina raggiunsero il loro unico figlio sopravvissuto sulla riva del mare.
Dopo che si fu rimesso sufficientemente in forze, Rosario raccontò, con le lacrime agli occhi, della tempesta, del tentativo di tornare indietro e dei fratelli persi in mare, della salvezza trovata aggrappandosi ad un’asse della barca assieme alla misteriosa ragazza, probabilmente anche lei naufragata in conseguenza della burrasca.
La fanciulla nel frattempo si era svegliata e non voleva parlare. Gli abitanti del paese le fecero delle domande su chi fosse, da dove venisse, ma lei si limitava a guardare il mare e a non volgere lo sguardo sulle persone.
Si allontanò poco dopo verso la via che portava alla pineta con le sue gambe, senza neanche ringraziare Rosario, sempre più solo con il suo rimorso.
La sera stessa del ritorno a casa, Rosario si trovò a camminare da solo sulla spiaggia.
Mentre le immagini del naufragio e i volti dei suoi fratelli gli scorrevano davanti agli occhi, sentì una mano toccargli il braccio.
(continua)