“IO” esisto da sempre.
La mia coscienza si sposta da un corpo ad un altro da tempo immemorabile. Per un numero infinito di volte sono morto e rinato, ho amato ed odiato, ho ucciso e sono stato ucciso, ho sofferto e gioito.

Non so cosa sono, so solo che la mia esistenza sopravvive al corpo che la ospita semplicemente andando in un altro: certe volte è facile, si crea l'ambiente giusto, altre la necessità e l'urgenza mi costringono a scelte estreme.

Eppure ricordo ancora la prima volta, nella notte dei tempi.

Sono un erbivoro, i miei sensi sono sempre allerta, anche mentre mi nutro. Non basta, Un enorme rettile scatta come una trappola e le sue fauci si chiudono su di me, sento il dolore dell'impatto che mi esplode dentro e tutti quei sentimenti che poi imparerò a definire “panico”.

Il mio cacciatore mi posa e mi rivolta, per lacerarmi l'addome, i suoi artigli mi tranciano la gola, mi sbattono la testa conto le pietre del suolo e l'istinto di sopravvivenza prevale: per l'ultimo istante sono nel corpo al collasso e un attimo dopo sono nella mente del mio aguzzino, lo pervado come l'acqua fangosa tracima da una diga e si spinge fin negli angoli più recessi dell'organismo predatore.

Quando acquisto coscienza di me ho ancora una zampa dentro le viscere del cadavere che ero io.

Mi ritiro e scappo, ho paura di me e non lo so, quei sentimenti sono rimasti in me per ere infinite, per farsi analizzare e ricordare.

 

Altro non ho fatto in tutto questo tempo che ripensarci e aggiungere esperienze, per chiedermi chi sono, come definire la mia condizione e il mio essere.

Senza voler essere blasfemo, credo di somigliare molto ad un'anima che si reincarna, senza niente di “divino”, invadendo spesso un'altra personalità che viene annullata. In realtà sono un parassita che “uccide” il proprio ospite.

Non di tutte le vite ho memoria, solo le più intense hanno lasciato un segno chiaro nei miei ricordi, ad esempio quelle scelte più belle e le più drastiche, ricordi belli...

Sono anziano e morente. Succede agli anziani di terminare i loro giorni in un letto, circondati dai parenti ed assistiti nel trapasso, tra loro una ragazza, all'ottavo mese di gravidanza. È stata assunta per accudirmi, ma ho dato disposizione che madre e figlio siano accolti in famiglia, le mie ricchezze sono nascoste dove gli altri parenti non le possano trovare, quindi io sono la prima persona che riesce a lasciarsi i suoi averi in eredità.

Scelgo il momento adatto, è mattina presto, la ragazza mi viene a preparare per il giorno, appena mi si avvicina, alzo un braccio, le accarezzo la pancia e spiro. Mi sposto con estrema dolcezza, eppure in un attimo, Mentre abbandono il corpo decrepito ho la sensazione di tenerezza di chi prende in braccio un neonato e lo culla con amore, poi sono nel mattino d'estate caldo e ovattato del grembo materno.

 

Eventi belli, eventi brutti

Nel 1645 venni assassinato in un sobborgo di Londra, una pugnalata alle spalle, nel buio della notte.

Stavo ancora strappando la borsa con i risparmi dal mio corpo, quando mi incarnai nel mio assassino e rapinatore. Era un animo sporco, pieno di odio e violenza, mi lasciai sopraffare da quei sentimenti e strinsi con rabbia il borsello per lacerare i lacci. Scappai.

 

Anche eventi terribili.

Ero donna ed ero incinta. Sapevo che la mia salute era pessima, presto avrei dovuto lasciare il mio corpo quella creatura che stava per nascere: La cosa mi sconvolgeva, non volevo lasciare che il naturale amore di una madre mancasse a quel bambino: decisi di incarnarmi in me stessa, di occupare il corpo appena nato di mio figlio.

Prima di capire che stavo facendo, avevo accumulato contemporaneamente tre volte il dolore, del parto, della nascita e della morte. Fui un bambino triste e malato e decisi di non ripetere mai più quell'esperimento.

 

Sembrerebbe la storia perfetta ma è fatta anche di sconfitte pesanti:

Ero nel bosco, stavo cacciando. Ricco abbastanza da scegliere il mio destino, quindi potevo togliermi la soddisfazione di cacciare belve per arricchirsi ancora di più. Per questo avevo il miglior arco, il pugnale dell'acciaio più pregiato e i calzari fatti con suole robuste e tomaia di pelle ben conciata, ma non è bastato. Una pietra instabile su un sentiero, smossa da uno scroscio di pioggia e cado, mentre stavo correndo, giù per un dirupo. Poca roba, non più di venti braccia, ma finisco su un ramo spezzato, che mi si pianta in pancia.

Fa male. Ho freddo.

Il branco di lupi che stavo seguendo, mi ha sentito e ci mette poco ad avvicinarsi per controllare, ma non sono abbastanza vicini per le mie necessità, perdo molto sangue e capisco che ne avrò per poco. Tutte le volte che sono morto sanguinando così, è sempre stata questione di attimi. Mi guardo intorno e la vista comincia ad annebbiarsi, ho anche sbattuto la testa.  

Nulla. Non c'è proprio nulla qui intorno. Se c'era anche uno scoiattolo è scappato subito! Chiudo gli occhi. Le foglie diventano grigio chiare, i rami più scuri, il mio corpo viola brillante, la terra nera. Una vena pulsa in quella terra, un verme, una lumaca o qualcosa del genere, reincarnarsi per sopravvivere vuol dire rinunciare a quasi tutto quello che conosco, lasciare un bagaglio ricco e ingombrante per diventare un nulla che ricomincia da zero, destinare ogni cellula del mio corpo all'uso di magazzino dei miei ricordi più importanti, accettare di essere null'altro che una ciste di ricordi, nella speranza di essere inghiottito da qualcosa di migliore.

Sperare per non arrendersi a una morte inutile.

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