Eileen assecondó il suo cattivo senso ancora una volta. Compró quei pantaloni stretti Levi's in cui si era promessa di entrare, e ci riuscì per quanto dimagrí. Perdere chili la faceva sentire meglio. Magari avesse potuto perdere qualcos'altro, qualcosa che non puoi vendere al miglior offerente, qualcosa che si sbriciola con gli anni ma non si consuma nel tempo. Le avrebbe fatto piacere gettarsi via, con la scusa che nessuno si fosse accorto della sua dimagrita bellezza; nessuno a cui veramente importasse. Oppure all'università, mentre incantata nelle sue letture raccontava personaggi che  sembravano lontani parenti, familiari di una vita passata che abitavano le sue membra, scaturendo in lei certe emozioni che dovevi capire, conoscere, immedesimare te stesso in quello stato di attenzione che ella aveva creato attorno a quell'uomo o quella donna; e potevi assorbirne l'entusiasmo, potevi divertirti a contemplare, a immaginare,  a chiederle qualcosa e a vederla fuggire lontano con la testa. Gettarsi è semplice a dirsi. Immagino come si fa con le sigarette quando promettiamo che sarà l'ultima (della giornata): spezzandole nel pacchetto morbido ancora intatto,  per poi cercare di recuperare del tabacco da avvolgere in quelle cartine che conservavi da tempo, e che ti eri promesso di non usare mai più. Ma comunque questo per godere del caffè ancora impresso sulle labbra. Eileen, riusciva molto bene in questo tipo di cose contraddittorie. Il suo era un bisogno d'attenzione eccentrico. Aveva necessità  dell'approvazione altrui; in realtà sarebbe più semplice dire aveva necessità di lui che la guardasse, che la volesse, la amasse con e senza fiato. Quel lui, c'è sempre un lui per una donna così.  Il suo era un umore comico. Le permetteva di impossessarsi di un vittimismo arguto, una condizione facinorosa, pura, tipica dello stato umano. Una sorta di saccenza primordiale; come quelli che studiano medicina e sentono il diritto e il dovere della sapienza, del riempirsi la bocca dando alle parole un senso su qualsiasi argomento, che nella gran parte dei casi risulta incomprensibile in quanto cognizione di causa spropositata. Aveva un gran caldo quel giorno e decise di spogliarsi. Le sue tette dolci, assenti, piccole e a modo; il suo reggiseno coi merletti, e la biancheria cadevano sul pavimento in modo del tutto naturale, abituale, come se elegantemente si adagiassero nel cassetto giusto. E così il tanga nero a spezzare quell'incontro del bianco, della sua pelle candida e dei nei. Mi parló delle città, dei posti che aveva visitato, dei libri che aveva letto e di quelli con cui aveva fatto l'amore. Di coloro e colui che infine la lasció, e del buon gusto col quale gli aveva infilato tre quattro stronzate a caso, per poi non assumersi la responsabilità delle azioni e delle parole, dei sentimenti che diceva provare. Non ci amammo quasi mai. Mi guardava e nuda lasciava scorrere le sue dita sulla mia pelle scoperta: sul collo, sulle mani, sulla bocca. Quello strano incantesimo assumeva la stranezza del canto di una sirena che ammaliava nel suo modo di fare osé, e dedicava l'eccitazione giusta agli occhi, ai sensi, tale per cadere in tentazione. E così da gatta, crudele e raffinata, teneva in pugno gli uomini, li portava nella sua camera ad ammirare quello spettacolo tra erotismo e cultura; tra arte e cospirazione; mentre decideva l'itinerario per incidere il desiderio della bontà della carne, dell'anti puritanesimo, del porno, dell'amor disperato e della violenza, dei Baustelle. Gli uomini non le piacevano, le ricordavano il padre; con le donne qualche volta ci aveva fatto l'amore ma niente di che. Il padre, un vile agricoltore che la trattava male e la voleva con sé in cantina a lavorare l'uva; il quale però, ebbe la fortuna di sposare sua madre: una donna in carriera emancipata, non troppo di bell'aspetto ma neanche così male. Una che ti da l'impressione di recitare quando parla e tiene il grembiule mentre cucina, per non macchiarsi il vestito. La classica donna degli impegni, degli orari da ufficio, e dei tablet sempre in carica. Ovviamente divorziarono. Sedeva ancora sulle mie gambe mentre l'immagine dei suoi genitori prendeva vita nella mia testa, assieme ad altre che non potevo ignorare. Quella notte non fui io a sedurla, non fu quel barbaro comizio che gli uomini usano per sentirsi conquistatori; autodefinendosi a proprio piacimento, nella loro misura dell'Alain Delon dei tempi moderni. Furono le mie parole. Semplici, gentili e a modo a semplificarle la  voglia di togliersi i vestiti, la voglia di porgere calore umano a uno sconosciuto che le teneva la mano a ritmo di Chopin, e le diceva signorina anche se preferiva madamoiselle. Gettammo alle ortiche diversi mesi, anni forse. Le ortiche fanno venire il prurito alla schiena se non sai come domarle. L'amore é nei vestiti. É nella cenere delle sigarette spente dal vento mentre i discorsi scivolano in quell'atmosfera romantica che sa di vino, virtù e fantasie. Una donna troppo gentile ed onesta avrà sicuramente qualcosa da nascondere pensavo. Una damigella dagli antichi fasti, dai gusti raffinati e dai guasti scomodi. Fare l'amore con una donna del genere rende timidi, avevo l'impressione di osare troppo, di sconfinare magari troppo in quelle ortiche da mugugni sentimentali, e negli eccessi del porno anglosassone quando nel bel mezzo dell'atto, diventava una ribellione a quelle candidature da premio Oscar per la galanteria. Una lacrima sul viso rende amaro ogni boccone, ogni sorso. La bella stagione venne e portó con sé un grande calore. Le gonne delle ragazze prendevano il sopravvento, così come le loro cosce lievemente abbronzante, e le canottiere, e le maglie sempre più corte. Le donne dai balconi aprivano le finestre per far entrare il vento della sera mentre la luna danzava in cima a tutte le cose, sopra tutte le teste, sui calici alzati e sui postumi dei sogni che lasciavano spazio al sole nuovo di giorno. Il mare sembrava poter entrare nelle case. Eileen era distesa sul pavimento semi nuda; la potevi guardare attraverso i finestroni spalancati se passavi da lì a tutte le ore. Dostoevskij sembrava non finire mai, era sempre lì con lei, di compagnia. Eileen,  in quella posizione supina era delicata, mi ricordava il gusto del gelato alla zuppa inglese. La spiavano gli uomini curiosi e le donne gelose, i bambini col pallone e i lavoratori stanchi dell'ultima sigaretta, quella prima del riposo. L'estate é per i ricchi, mentre i poveri sognano il mare.

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