Di solito non è un problema per me  sistemare tutte le bellissime statuette di porcellana nell’armadio sul retro, al loro posto. Le statuine sono preziose, antiche. La maggior parte sono di manifattura veneziana, alcuni rari pezzi del settecento e altri più recenti, ma ce ne sono anche di altre parti del mondo.  Alcune hanno forme bizzarre, che personalmente non compererei mai. Di alcune di esse invece sono innamorata, soprattutto di certe damine dall’aria incantata, con lo sguardo fiducioso e sognante.    

Sono stata assunta per adempiere ad un compito preciso: disporre ogni mattina parte della preziosa collezione nella vetrina del negozio e  riporla la sera, alla chiusura, nel retrobottega. L’armadio con il prezioso contenuto successivamente viene chiuso a chiave dal mio titolare. Il mio titolare è un tipo strano, sono alle sue dipendenze solo da una settimana: non ho su di lui ancora un giudizio stabile.

Per il resto del tempo devo fare ben poco: spolverare, dare da mangiare al gatto Bonet, a volte preparare il tè. Ai rari avventori ci pensa lui. Non saprei comunque presentare la merce in modo adeguato, al pari suo.  Profondo conoscitore di porcellane, ma anche di quadri, cornici, orologi, presenti in una parte separata del negozio, in misura minore,  è un piacere stare ad ascoltarlo. Sto imparando molto. A volte mi appunto qualcosa in un blocchetto che tengo sempre vicino. 

Stasera, e non mi so spiegare il motivo, mi è rimasta una statuetta in mano. 

È strano, ma non riesco a riporla nell’armadio senza compromettere l’equilibrio di tutte le altre. Provo e riprovo ma niente. Sembra che non ci sia proprio posto per lei. Eppure stamattina c’era anche lei, insieme alle altre, nel medesimo armadio. Movimenti di statuine comperate o vendute oggi non c’è ne sono state. Sento l’impazienza del mio capo di là in negozio, già con le chiavi in mano. Mi decido a chiudere le ante e lo avverto che ho finito.Con delicatezza e precisione  egli chiude a chiave e insieme usciamo dal negozio. Abbasso io la saracinesca, lui non può piegarsi. 

-Buona serata Jenny, domani mattina non mi serve il tuo aiuto, puoi venire direttamente dopo pranzo-. Sto per chiedergli come avrebbe fatto con la saracinesca e chi avrebbe sistemato la  vetrina, ma non dico nulla e lo saluto.

-Buona serata a lei Signor Desideri, a domani pomeriggio-.

Mentre mi allontano da lui e dal negozio, metto la  mano nella tasca della mia giacca e tocco la statuina con delicatezza. Madame è venuta via con me. Ho dato un nome ad alcune  statuine, a quelle che a mio gusto si distinguono dalle altre per un qualche particolare . Contavo  di riporla la mattina successiva, al suo posto. Ora la faccenda si  complicava di molto. Sicuramente il Signor Desideri avrebbe notato la mancanza di Madame. Gironzolo nei paraggi: non riesco ad allontanarmi troppo dal mio luogo di lavoro. Fisso la saracinesca che io stessa ho abbassato  sperando di forarla con la forza del mio sguardo. Niente. La sarta cinese in fondo alla nostra via, ha chiuso il suo atelier, ed è la prima volta che la vedo fuori dal suo negozio; mi passa davanti senza vedermi, libera finalmente di camminare dentro i propri pensieri.

Deve essere veramente tardi, sento improvvisamente una fame incontrollabile e decido di rincasare. 

A casa metto la statua di Madame in mezzo al tavolo della cucina dopo averlo sgomberato da ogni oggetto che lo occupava e pulito con cura la superficie in formica. La statuina sembra emettere una sua luce, forse per quella carne bianca delle braccia. Faccio un po’ di ricerche in internet, mi ricordo di quello che avevo sentito in settimana e so cosa cercare. Vengo così a sapere che la statuina è valutata circa 2500 euro. Non posso non pensare che anche con sole 2500 euro la mia vita cambierebbe, e di molto. È una  cifra che mi permetterebbe di frequentare l’accademia per attori, almeno per il primo anno. Ed é il  dieci di ottobre, tra due giorni iniziano le lezioni al teatro Manzoni. 

Mi preparo un panino e mi piazzo di fronte a Madame, ogni boccone dà vita ad un pensiero diverso. 

La notte sogno il mio sogno ricorrente: c’è una stanza segreta nel mio attuale appartamento, una stanza ampia e luminosa, arredata splendidamente, celata dietro lo specchio della camera da letto . Nel sogno mi chiedo perché non uso quello spazio a mia disposizione, perché rimango sempre nelle mie due misere stanzette. 

Mi risveglio alla solita ora. Vado in cucina e Madame è ancora dove l’avevo lasciata, sul tavolo. Le ore scorrono in fretta. Sono nata povera e onesta, una disgrazia irrimediabile. 

All’ora giusta esco per recarmi al lavoro. Ho avvolto la statuina con una carta velina blu, che ho trovato tra le pagine di un libro. Arrivo davanti al negozio e vedo che la saracinesca è alzata,  dentro operai indaffarati vanno e vengono. Un cartello sul vetro dell’ingresso annuncia la prossima apertura di un negozio di una nota catena di abbigliamento femminile. Non capisco. All’interno non c’è traccia dell’ ordinaria merce del negozio,  né del Signor Desideri. Chiedo ad uno degli operai delucidazioni, ma questo non risponde, probabilmente è troppo preso dal suo lavoro, o forse è straniero. 

Capisco che è inutile insistere, non c’è più nulla da fare lì per me.  Io e Madame rimaniamo ancora per un po’ a rimirare i movimenti degli operai, poi ce ne andiamo insieme. A cercare il nostro posto nel mondo. 

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