E' una mattina come mille. Milano è grigia e uggiosa alle 7,30 del mattino. La metropolitana sferraglia e la gente, seduta e in piedi, è estranea, sonnolenta, persa negli schermi degli smartphone o nelle poche pagine di qualche giornale free-press.

Lui ha più di 50 anni ed è seduto. E’ salito al capolinea e come ogni giorno lavorativo percorrerà tutta la linea fino all’ultima fermata, perciò non ha bisogno di prestare attenzione alle fermate che si susseguono.

La tratta che compie ogni mattina in metropolitana è il momento più intimo e malinconico della sua giornata. Quando scenderà si ridesterà, si darà da fare in ufficio, sarà gentile e competente, cordiale e anche simpatico ma per i 30 minuti del viaggio può restare solo con se stesso.

È in questa carrozza sferragliante, insieme a tanta gente, ma è assente.

Nelle orecchie ha gli auricolari collegati ad un piccolo lettore mp3. Era di sua figlia Alessandra e le canzoni sono quelle che ascoltava lei due anni fa. Lo tiene in modalità riproduzione casuale e le molte canzoni, italiane e straniere, che contiene fanno da sottofondo ai suoi pensieri e ai ricordi che scorrono senza freno.

Lei gliela ha portata via quel cancro bastardo. Aveva solo 28 anni.

Una feroce lotta durata tre anni, che, ad un certo punto, era sembrata quasi vinta… poi il vigliacco è tornato più agguerrito che mai a reclamare la sua preda.

Lui al mattino in metrò si lascia annegare nella malinconia. A volte chiude gli occhi per isolarsi ancora di più, altre volte prende lo smartphone e scorre le foto di lei. Sorride in quasi tutte.

Non nota mai nulla di quel che ha intorno, ma, come chiamato a gran voce, stamattina qualcosa lo desta e attira la sua attenzione. È la ragazza seduta di fronte. E’ giovane, carina, con vezzosi occhiali verdi.

Cosa avrà mai fatto per risvegliarlo dal suo stato catatonico? Semplicemente si è sistemata i capelli dietro all’orecchio con un movimento lento e fluido. Questo banale gesto gli ha ricordato Alessandra.

Gli succede spesso. Un oggetto, un profumo, un colore, una parola, un’immagine o un gesto, all’improvviso, gli ricordano lei. In modo imprevisto e bruciante.

Fa male e fa bene allo stesso tempo. E’ comunque un legame con lei e lui ha bisogno di sentire che c’è.

Potesse tornare indietro e invertire i ruoli: lui in un cimitero e lei seduta su questa metropolitana, persa in pensieri che fanno sorridere, come la ragazza dagli occhiali verdi che ha davanti, non esiterebbe un solo istante. Ma non è possibile riavvolgere la pellicola. La vita non è un film!

Nelle orecchie, leggendogli i pensieri, una canzone gli dice:

“E anche se il film te lo aspettavi con un altro finale

E se qualcosa in fondo è andato male qui

Qui non è Hollywood”    *

E’ Alex che lo sgrida per questi pensieri pieni di rimpianto.

In quella bianca stanza d’ospedale le ha promesso solennemente di vivere al meglio la vita senza abbattersi, e ci sta provando, giorno dopo giorno. Ci sta provando!

 

 

* Hollywood - Negrita

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