Nelle profondità più oscure del mare di stelle, splende una luce solitaria. Sulla cima del mastio di Detha, brucia una grande lanterna arcana. Il suo bagliore illumina lo spazio circostante, ponendo una distanza incolmabile tra l’esterno fluire del tempo e il castello stesso.
Più in basso vi è una stanza circolare larga quanto l’intera torre. Le sue slanciate finestre la rendono quasi del tutto visibile dall’esterno. All'interno, nel pieno di una guerra sanguinosa, una giovane donna affrontava il proprio destino.
A quel tempo, il centro della stanza era occupato da un letto a baldacchino. Un velo rosa, tempestato di farfalle scure, scendeva coprendo tre lati del letto. Soffici e preziosi tessuti coprivano il materasso sotto i cuscini e scendevano fino ad adagiarsi in larghe volute sul pavimento marmoreo. Tutt’intorno, i muri in pietra si aprivano in cinque finestre e un portone con il battente in legno rinforzato con preziosi metalli. Opposto
all’ingresso c’era un piccolo balcone. Tende di tessuto pregiato, vetri decorati e volte acute testimoniavano le nobili origini della struttura.
Aveva ricominciato a piovere. Le gocce battevano con insistenza sui vetri, spinte dal vento e accompagnate da tuoni lontani. L’interno della stanza era immobile e silenzioso tranne che per un lieve respiro.
Una giovane donna riposava sul letto, in parte coperta da una trapunta di seta. La testa spinta in avanti dai grandi cuscini, i boccoli biondi che le incorniciavano il viso dai lineamenti aguzzi.
Un rigido corsetto avvolgeva il suo corpo snello spingendo in alto i seni; un'ampia gonna scendeva sulle gambe, lasciando spuntare solo la punta delle scarpe lucide. Aprì gli occhi chiari e mosse lenta le spalle a stiracchiarsi la schiena irrigidita. Le girava la testa.
«Ma che...»
Attraverso il tessuto, vide gli affreschi sul soffitto. Raffiguravano dei cavalieri in armatura al cospetto di un nobile dalla lancia immacolata. Le ricordavano qualcosa ma non avrebbe saputo dire cosa.
Con uno schianto il portone si spalancò facendola sobbalzare.
«Che succede?» chiese poggiandosi sui gomiti.
Un uomo e un ragazzo entrarono nella stanza. L’uomo indossava un’uniforme nera. Gli occhi e i capelli scoloriti, una cortissima barba. Si avvicinò sorridente al letto con una tazza fumante tra le mani.
Il ragazzo rimase in piedi accanto alla porta con fare nervoso, era vestito in modo meno formale e portava una frusta arrotolata alla cintura.
«Finalmente ti sei svegliata, amore.» disse l’uomo. Un tuono fece vibrare i vetri delle finestre.
«Sono confusa... Dove sono? Cosa è successo?» Spostò le gambe di lato e spinse con le braccia per alzarsi.
«Quante domande!» la fermò ridendo «Non devi alzarti, devi recuperare le forze!»
«Non mi ricordo... chi sei...» la ragazza si portò le mani alla fronte.
«Sono Sam, tuo marito, non aver paura. La tua memoria ha qualche difficoltà per colpa della malattia.» gli porse la tazza fumante. «Bevi, ti sentirai subito meglio.»
La ragazza prese la tazza con entrambe le mani. Osservò incuriosita il colore violaceo della bevanda. «Cos’è?» esitò. L’uomo la guardò inarcando un sopracciglio.
«È la tua medicina, amore, l’hai già presa qualche ora fa, non ricordi?»
«No.» abbassò lo sguardo.
«Con questa medicina guarirai in fretta.» le accarezzò i boccoli dorati «il Maestro ha detto che in qualche giorno comincerai a ricordare, ora bevi.»
«Scusami, sei gentile...» arrossì e portò la tazza alle labbra.
L’uomo le mise una mano sulla spalla con affetto.
Il ragazzo sulla soglia tirò un sospiro di sollievo ed entrò nella stanza avanzando con passo lento e leggero. Si guardava attorno con circospezione. Fece un giro attorno al letto e poi si fermò a fissare il vetro di una finestra poco distante. La pioggia batteva incessante, scivolando sui vetri colorati delle finestre. Un altro tuono. L’uomo in divisa si alzò.
«Che sta succedendo? Questa volta ci è mancato davvero poco.»
«Già.» il giovane continuò a fissare la finestra. Dietro di sé sentì l’altro muoversi agitato per la stanza.
«Come mai era sveglia così presto?» strinse i pugni e si morse il labbro guardando la giovane scivolata di nuovo nel sonno. La testa ciondolava in avanti, la tazza le si era rovesciata in grembo. Il liquido violaceo le aveva macchiato i fiori ricamati sulla gonna.
«Si sta già abituando al tuo sonnifero?»
«Non credo Signore» valutò il ragazzo «penso che siano loro a svegliarla.» continuava a guardare la finestra. L’uomo in uniforme lo fissò inquieto, poi lo raggiunse lontano dal letto.
«Hai ragione, si avverte la loro presenza là fuori. Come è possibile? La torcia non dovrebbe tenerli lontani?»
«Non saprei Signore. Sembrano creature senza tempo.»
Riflesso nelle gocce d’acqua che scivolavano sul vetro, qualcosa luccicava in modo insolito. Guardando con attenzione si poteva scorgere uno sguardo carico di tensione, e poi un altro, e un altro ancora. Le finestre erano assediate dagli occhi rabbiosi di spettri che fluttuavano appena visibili attorno alla torre.
«E lui non si è ancora fatto vedere.» aggiunse il ragazzo.
«Verrà.»
«Sono d'accordo, Signore.»
Il militare si girò di scatto, si avvicinò al letto, strappò la tazza dalle mani della ragazza e si diresse verso la porta; poi si fermò. La mascella serrata e lo sguardo teso; gli pulsavano le tempie. Si girò verso il giovane ancora fermo alla finestra.
«La situazione non mi piace, dobbiamo prendere dei provvedimenti. Adesso. Raddoppia la sorveglianza di questa stanza e chiama i Caduti. Che spazzino via quella feccia di spettri... se non basta, sposteremo tutta la fortezza dentro il guscio delle Monadi.»
I suoi occhi sembrarono lampeggiare.
«Diana non deve svegliarsi per nessun motivo, mi sono spiegato?» uscì dalla stanza lasciando la porta spalancata.
«Sì Signore!» il giovane sospirò mentre il militare scendeva le scale di corsa.
“Signor Sototh, dove va?”
Passi affrettati lungo le scale furono l’unica risposta.
Non era prudente rimanere da solo in quella stanza, si avvicinò alla porta per seguirlo quando un fruscio alle sue spalle lo fece trasalire. Si girò con la mano vicina alla frusta. Tutto nella stanza era immobile. Tutto, tranne il suo cuore che batteva all'impazzata.
Un altro tuono. Le gocce di pioggia ticchettavano sui vetri. Niente di sospetto.
Inspirò a fondo cercando di calmarsi senza perdere di vista la ragazza.
Poteva aver sentito male? Impugnò la frusta e socchiuse la porta. Non poteva essere la ragazza, e se c'era qualcuno lo doveva stanare. Lento, fece un giro attorno alla stanza tenendosi alla massima distanza dal letto. Doveva essere sicuro che tutto fosse a posto.
Quando arrivò di nuovo all'altezza della porta si convinse che doveva aver sentito male, doveva essersi sbagliato... Con tutta probabilità era stato il vento. Si era fatto suggestionare. Accennò un debole sorriso sulla soglia, e uscì dalla stanza richiudendo con attenzione la serratura.