Mi trascinavo per la città ed era notte ed era freddo. Pensavo a quello che era stato della mia vita e canterellavo un motivetto che non avevo mai ascoltato. Quelle notti sembravano non appartenermi, e si dissolvevano tra bionde incantevoli e signori avidi divertiti dalle mie esibizioni. Faceva ancora dannatamente freddo e in fondo speravo nevicasse, mentre la strada non aveva uno scopo e il vuoto colmava ogni cosa. Canticchiavo ancora quel motivetto, finché squadrato dalle luci fioche di un autobus che vagava per la mia stessa direzione, vi salii immaginando che mi portasse a casa. Sempre che non fosse sparita nel nulla come ogni mia pretesa in quella notte.
Un vecchio dall’uniforme scura e il volto statico s’era fermato come se fosse già scritto che sarei dovuto salirci a bordo. Lì sopra il freddo non cessava di entrarmi nell’animo e la pioggia dei giorni addietro era penetrata rendendo umidicci quei sedili sporchi ed ancora più ostile l’atmosfera. Intravidi un piccolo sedile vuoto e, divincolandomi a fatica tra chi, come me, non aveva trovato il senso del tutto, provai a godermi quell’angoletto di pace e paradiso. Finché notai di essere osservato laconicamente da un uomo dalla barba ispida e lo sguardo fermo. Non smetteva di scrutarmi dentro, e quelle sue fessure cupe e profonde laceravano la mia indole fragile e indifesa. L’uomo, continuando a fissarmi, accostò la mano sinistra alla giacca interna del suo cappotto di pezza. Finché, lentamente, estrasse un telecomando puntandolo in direzione del mio spirito sfuocato. Finalmente sorrise, e quel sorriso mi privò di ogni forza, quel sorriso pretese qualcosa da me. E premette un bottone. Lo shock, il trauma, la paura incomprensibile.
Aprii gli occhi e davanti a me c’era la donna più donna che mi fossi mai trovato davanti. I suoi occhi cerulei e magnetici mi attiravano verso di lei, e non avrei voluto che baciarla. Non feci in tempo che a baciarmi sul labbro fu lei: un bacio profondo e viscerale e erotico, come se fosse il primo e l’ultimo della mia vita. Disse di chiamarsi Clessidra. E, afferrandomi dai polpastrelli, mi trascinò con sé giù dall’autobus. Non distogliendo il suo sguardo dagli occhi miei, mi promise che avrebbe mutato le cose e che mi avrebbe mostrato un posto diverso.
La strada diveniva soffice ed il respiro del vento si rintanava tra le nostre figure. Non sapevo cosa cercassimo, ma non potevo oppormi alla sua scelta. Quando scorsi il diavolo negli occhi suoi. Fu un istante, fu un battito del vento, ma io l’avevo visto, e Lei se n’era accorta. Chissà cosa volesse da me, mentre io volevo solo tornare a casa. I suoi capelli cenere erano serpi pronte a contagiarmi del veleno primordiale, finché la bocca acuminata dell’Anticristo si avvicinava al cuore mio. E lo baciò, un bacio caldo e denso, finché pensai di morire. Morire con lei, lì, al di fuori di tutto e imprigionato nel niente, tra i sospiri infiniti della notte e l’alba del domani oramai semplice chimera. Finché Clessidra mi lasciò andare. Inaspettatamente.
Corsi turbato verso la strada, cercando aiuto, cercando vite. Percorrevo la notte ed avvertivo la vicinanza dell’oblio, quando improvvisamente di nuovo l’autobus. Ad attendermi. Senza pormi domande scomode mi precipitai al di sopra. Quell’omino vecchio e silenzioso era sempre al suo posto di comando, quel carcere mobile conteneva ancora le solite anime alla ricerca del destino sbagliato. Poi rividi quell’uomo, telecomando che fuoriusciva dalla tasca del pantalone e, questa volta, lo sguardo assorto. Contemplava il vuoto. Finché, scivolando, urtò il capo e cominciò a sputare sangue. Quando lo sollevai da terra i suoi occhi scuri mi fissavano, ma non aveva le pulsazioni. Era morto. Non sapendo cosa fare, aspettai le luci dell’alba e trascinai il corpo all’ospedale più prossimo.
Da quella notte sono passati 3 anni, ed io non faccio che pensare a Clessidra. Che si nasconde, cela i suoi sospiri, ma l’aria non fa che parlarmi di sé, e il tempo e lo spazio, quando lei è vicina, mutano la loro essenza. Lei era il Diavolo, di questo ne sono certo. E, credendomi ingenuo, pensa che io non possa sospettare che prima o poi tornerà a bussare alla porta del mio Spirito.
Saprò attenderLa.