L’idea era quella di ritrovarsi la sera al ristorante “Convivium” per una cena assolutamente inedita e speciale.

Intendiamoci… speciale non era tanto il menù, dove era stato già deciso che venissero servite solo gustosissime melanzane alla parmigiana preparate per l’occasione dalla Rosarina, quanto di una nuova e rivoluzionaria visione dello stare insieme nel più totale silenzio, senza che i commensali proferissero parola alcuna.

L’idea venne a Chiara, quel giorno a tavola, quando, accusata di essere stranamente taciturna, ebbe a rispondere netta e perentoria: “Basta con questo chiacchiericcio infruttuoso e autoreferenziale - non possiamo più prescindere dal fatto assodato che non siamo mera materia ma spirito incarnato”.

Tutti a quel punto zittirono, rifugiandosi mesti fra le loro pietanze.


L’arrivo dei commensali


Carlo e la compagna Isabella dalla chioma leonina furono i primi a raggiungere il ristorante e a sedersi uno a fianco all’altro, dando le spalle alle colline del Grande Carro. Poco dopo fu la volta di Antoine, il giovane francese, seguito pochi minuti dopo da Chiara e Giò, ecome ultimo John, riconoscibile dal tacchettio dei suoi eterni stivali e che per una sorta di cerimoniale aristocratico amava farsi aspettare. Tutti si disposero l’uno di fronte all’altro lasciando libero il posto del capotavola, immersi nel più totale silenzio.

Subito Sara, la figlia di Rosarina, si avvicinò al tavolo chiedendo ai signori se poteva servire le melanzane. Nessuno aprì bocca ma tutti insieme annuirono con un cenno del capo lasciando interdetta la ragazza che si allontanò meravigliata per quell’inconsueto atteggiamento.

In un’altra occasione, Carlo avrebbe esibito la sua cultura, il suo fitto bagaglio di nozioni attinte alla lettura dei suoi mille libri, intervallando l’argomentare con dotte citazioni di formidabili autori, dando sfogo e corpo ad una recita caricaturale, che peraltro contraddiceva con le scelte della sua vita, fino a ridurlo a inerme spettatore dei suoi fallimenti.

Isabella, la compagna, avrebbe confidato a Chiara la sua insoddisfazione relazionale ed esistenziale, aspettandosi in cambio consigli e tecniche per superare quel suo stato di disagio e di incompletezza che la tormentava.

Antoine, il francese, non era un grande chiacchierone, ma se stimolato dall’argomento in cui riconosceva e intravedeva una via d’uscita dalla sua cronica indolenza (causa di fastidi, di ansia e di paure), a quel punto si metteva in ascolto, concentrato su ogni parola dell’interlocutore che avesse il potere di rassicurarlo e di spingerlo ad un reale cambiamento.

In realtà, poi, tutto questo si riduceva ad un miraggio, e il buon Antoine avrebbe comunque persistito, oltre ogni buona intenzione, a rimanere ancorato per sempre alla sua radicata immobilità. Antoine era però in grado di parlare per ore, con fervore ed entusiasmo fanatico, della sua squadra del cuore, del campionato di calcio, della campagna acquisti e di tutto ciò che girava intorno a questo mondo fantastico, ma nessuno dei partecipanti alla cena denotava mai alcun interesse per l’argomento, né aveva una benchè minima idea di cosa si trattasse.

Giò era una donna pragmatica! Parlava solo se tirata per la giacca e se l’oggetto in discussione era perfettamente in linea con le sue conclusioni che riteneva assodate e irrinunciabili. Come si dice, era una tipa tosta, che puntava dritta al bersaglio senza perdersi in cervellotiche introspezioni che riteneva, da esperienze fatte, limitanti al conseguimento di una vita serena e salutare.

Ma il vero argomento di Giò era Sofia, la figlia, la sua vera passione, della quale avrebbe potuto parlare per ore e ore decantandone la bellezza, la dolcezza, l’intelligenza e i talenti artistici. E tutto questo corrispondeva al vero. Giò era una persona imparziale e ogni suo giudizio, giusto o sbagliato che fosse, era sempre dettato da una buona fede di base.

Chiara, insegnante di Kundalini Yoga nonchè fautrice della “cena del silenzio”, difficilmente partecipava ai futili “comizi culinari”.

Solo se interpellata, pungolata, solo allora era in grado di produrre qualche simil-risposta e spiegazione alle curiose domande sulla sua vita e professione, alle quali rispondeva quasi in maniera evasiva come se non fossero motivo di alcun interesse e novità. Chiara era persona assolutamente profonda, sottile, caratterizzata da una rara sincerità, motivo per cui cercava di evitare ogni contrasto e scontro, ritenendolo in antitesi con la sua indole e visione delle cose. Il suo tono di voce era pacato, carezzevole, il suo dire, lento e rincuorante, e questo suo modo di essere le imprimeva fascino, mistero e carisma.

John, per carattere, rifiutava ogni agglomerato umano o raggruppamento che fosse, tranne in rare circostanze, dove per causa di forza maggiore era costretto ad allinearsi alle conformità del momento. A quel punto non perdeva occasione per riversare la sua ira su tutto ciò che riteneva in antitesi con le sue certezze e quella che considerava essere la realtà dei fatti, declamando la sua ode alla verità assoluta e ritenendo relativa e personalistica ogni altra affermazione che si discostasse dal suo pensiero.

Dire che la sapeva lunga, è poco! John ne sapeva davvero tanto e di più, e spesso le sue parole aprivano squarci nel cuore delle persone all'ascolto e, come lame di fuoco, fendevano la carne viva della loro mente.

Ma come tutti gli altri, quella sera, tacque!

 

L’arrivo di Fabio


A sorpresa li raggiunse Fabio, non invitato, che dopo avere salutato tutti senza essere ricambiato del saluto da alcuno dei presenti, prese posto a capotavola raccontando per l’ennesima volta la storiella dei suoi viaggi nel deserto durante i quali, dice lui, avrebbe ritrovato se stesso.

Dopo essersi finalmente reso conto che nessuno prestava attenzione alle sue parole, accennò un sorriso fintamente divertito e si congedò declamando un detto cinese: “Non aprire la tua bocca se non sei sicuro che quello che dirai sia migliore del tuo silenzio”. A quel punto si allontanò con una stramba riverenza senza averci capito nulla su cosa stesse davvero accadendo.

Di lì a poco furono servite quattro portate di quelle squisite melanzane al forno, accompagnate da vino Regaleali di Sicilia. Poi, nessuno degli inservienti si avvicinò più al tavolo, né chiese nulla!

 

 

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