C'è il sole stamani.

E'freddo,un freddo pungente e fastidioso alle narici,ma almeno c'è il sole.

Son scesa dal treno,poche centinaia di metri e sarò sulla spiaggia,la 'nostra spiaggia.

'Cazzo quanto pesa!'

Ho messo l'urna con le 'sue' ceneri nello zaino,ho avuto il permesso dalla famiglia di fare io quest'ultimo saluto a Luigi.

Ho scelto e chiesto di poterlo fare da sola, nel luogo in cui ci eravamo conosciuti, solo io e lui, come la prima volta.

'Cazzo quanto pesa però!'

Si è alzato il vento, porta con se qualche granello di neve ghiacciata dalle vicine Apuane.

'Il mare sarà agitatissimo...come quel giorno...'

Era una giornata ventosa di primavera quel giorno, il mare muoveva i suoi flutti arrabbiati e nervosi e io sfidando la forza del vento e il risucchio delle onde avevo immerso i piedi in acqua.

La nebbiolina schiumosa delle onde bagnava il mio viso e si mischiava, aggiungendo loro il sapore del sale, alle lacrime che scendevano copiose a salutare con il loro corso sulle guance i miei genitori che mi avevano lasciata da sola, all'improvviso, in quel maledetto incidente la sera di Pasqua, mentre tornavano a casa dopo aver passato la giornata con me.

'Se solo con una scusa qualsiasi avessi impedito loro di venire a trovarmi, se solo avessi chiesto loro di non farsi quelle svariate centinaia di chilometri per passare qualche ora insieme e scambiare con me le solite chiacchere che avremmo potuto fare al telefono, senza il calore di un abbraccio e di una carezza!'

Questi i pensieri confusi che affollavano la mia mente,mentre non mi accorgevo che i sussulti del mare arrivavano a bagnare le mie gambe sempre più in alto, e i pantaloni erano già inzuppati ben oltre il risvolto che avevo fatto per arginare l'acqua.

Si era avvicinato, inaspettato, il volto sereno, due tranquilli occhi celesti, una mano calda, accogliente, tesa verso di me.

"Ehi!...ti stai bagnando tutta!...va tutto bene?...vieni indietro...vieni che ti offro un tè caldo al bar in passeggiata...vieni, che altrimenti alla peggio ci finisci dentro alla burrasca, e meglio che ti vada ti becchi la bronchite!"

Mi ero scossa, avevo tirato su con il naso, l'avevo guardato per lunghi attimi chiedendomi chi fosse, chi l'avesse mandato lì, proprio da me, proprio in quel momento e perchè...poi avevo fatto un paio di passi indietro e avevo messo la mia mano dentro la sua.

'Quanto è calda...è piacevole star qua, racchiusa nella mano di questo sconosciuto...' avevo pensato.

"Mi chiamo Luigi, tu?...Sembri sconvolta. Hai voglia di parlarne? Io posso ascoltare, se a te va bene..."

Da quel giorno ventoso la sua mano calda e accogliente non aveva mai lasciato la mia,ed eravamo tornati tante volte in quel pezzetto di spiaggia, nel 'nostro' angolino di mare, a ridere, a giocare, a far l'amore con gli occhi e con le mani e con le parole...a litigare anche qualche volta.

Poi era arrivata la malattia, e dolore ospedali dottori.  Poi la chemio...sprazzi di luce...squarci di sereno...e poi di nuovo il buio... E ancora ospedali dottori dolore, e angoscia, e sguardi pietosi, e addii... E un addio...l'ultimo...per me...

Se ne era andato Luigi, lasciandomi sola, in una surrealmente calda mattina di inizio inverno, quasi volesse dire a chi restava che la notte non necessariamente è buia, che l'inverno non necessariamente è privo di calore, che la mancanza non necessariamente è assenza.

Sono arrivata in spiaggia.

Sono sola.

Ci sono solo io nel 'nostro' angolino di mare d'inverno.

Il mare si agita e ruggisce al largo, ma a riva,stranamente,arriva calmo.

E' freddo e, come quel primo giorno, il vento mischiato alla nebbia del mare mi bagna la faccia.

Appoggio lo zaino, lo apro. L'urna è nera, fredda, pesante. Non mi rassegno al fatto che il calore di una vita possa star dentro ad un contenitore tanto freddo. Vorrei appoggiarmelo sul petto, scaldarlo nello stesso modo in cui lui aveva scaldato la mia mano e il mio cuore dal momento che i nostri sguardi si erano incrociati.

Mi levo le scarpe e le calze.

'Cazzo se è freddo!'

Quasi non mi accorgo e l'acqua già mi bagna i piedi. Strano a dirsi, ma sembra quasi calda, ora che sono dentro.

'Domani avrò la febbre...'

Guardo il mare...la sua immensa furia si placa all'improvviso, una tregua concessa al mondo.

Apro l'urna, la rovescio.

Il vento si porta via quel che resta del mio amore, della mia vita, della mia anima, della mia felicità.

E piango.

Non credevo di avere ancora lacrime da versare...no,aspetta,è solo il nevischio portato dal vento...

Appoggio quell'odioso cilindro freddo, ormai privo di ogni senso, sulla sabbia.

Mi volto, mi allontano, mi rimetto calze e scarpe.

Non sono sola adesso.

Rimane con me, di quel mucchietto di cenere, un figlio che sta crescendo dentro.

Avrà le mani calde.

E io scalderò le sue.

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