Un angelo che vola per le regioni del cielo, un angelo venuto per portare preghiere, un angelo che è eterea evanescenza e desiderio di pace in chi si arrovella per tutto il tempo. Mi chiedo se l’amore sia un’illusione o una quotidiana concordia, che annulla e crea nuova identità come cenere combusta dopo essersi donati per  bruciare nel fuoco della passione di Paolo e Francesca per tutto ll’inferno dei peccati. Un angelo che veste una tunica bianca come anima purificata, un angelo che s’incontra solo una volta nella nostra vita e rischia di volare via o si trasforma in realtà umana per  amore. Eravamo due amanti pienamente immersi l’uno nell’altra, profondamente convinti che solo l’amore può salvare l’umanità e produrre progresso e felicità. No, non è solo illusione il volo dei due amanti che si perdono fra le nuvole del cielo, che volteggiano inseguendo quelle nuvole che hanno visto nascere all’orizzonte e si sono rivelate solo batuffoli di sogni. Le colline sembrano seni proiettati verso il mare celeste delle nostre emozioni di una terra sdraiata a crogiolarsi al sole e a farsi carezzare dalla brezza che può diventare vento e bufera ma sempre e comunque  ritorno immancabile alla magia dell’amore del creato. E l’angelo si adagia sopra la chioma degli alberi con il suo nastro rosa di sensazioni ed osserva, scruta come aquila dalla vetta. Osserva il pianto di mille bambini votati alla logica della guerra, ai terrorismi quotidiani, alle violenze gratuite perpetrate per dominare sugli altri, per inculcare il verme dell’odio e scatenare vendette dai più deboli, dai più indifesi e potersi giustificare agli occhi del tribunale inquisitore del mondo. Piange. Sommessamente piange. E quel drappo che reca con sè cade dalla chioma dell’albero sulle foglie accartocciate, sul muschio che avanza nel tronco che un dì sembrava vetusto ora appare incancrenito dalla violenza del tempo. Il drappo che invocava pace agli uomini di buona volontà resta solo un segno del cielo. Gli uomini continuano a giudicare, a prendere posizione fuori dal giardino edenico, a rifiutare, ad affogare i fratelli naufraghi che scappano dalle guerre. Un angelo che recupera i relitti dei barconi e si dà da fare perché la SPERANZA è L’ULTIMA A MORIRE. Come risorgere se non si semina il seme dell’amore? Ed allora si convince che se vuole rivedere il paesaggio luminoso, lontano dai fumi dell’irrazionalità bisogna sbracciarsi e dare la mano, offrirsi, votarsi al martirio dell’amore, al sacrificio della donazione. Bisogna amare, comprendere accettare, ascoltare. Solo così potrà germogliare un’altra vita che reca con sè la veste bianca. Amore, amore , amore, che è quotidiana offerta di sè per il bene altrui. Solo così. Si convince che se tutti facessero in questo modo il mondo vedrebbe un eterno arcobaleno fra le nuvole in via di estinzione al di là del cielo, nelle regioni dell’amore. E la sua presenza non avrebbe più senso perché il drappo caduto fra le foglie svetta nell’anima di ognuno di noi, operaio di pace, operaio d’amore. Si alza in volo e comincia ad essere tra gli uomini, per gli uomini, a soccorrere, a curare le ferite, a trasformare i cuori di pietra in cuori di carne. Ed invecchia nel suo sforzo. sa che un  giorno ci sarà un altro angelo a scrutare dalla chioma del castagno e continuerà l’opera del suo predecessore come ali che portano i sogni e li realizzano solo  nella logica dell’amore.

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